Turismi

Motivazioni cliniche del turismo

di Antonio Sereno

Sull’onda della letteratura romantica siamo abituati a considerare che il turismo si è diffuso per i resoconti di viaggio che grandi personaggi, poeti e scrittori decisero di effettuare in Italia per conoscere meglio la cultura classica e le vestigia delle antiche civiltà greche e romane.
Certo questa motivazione non era estranea al movimento turistico fra il 700 e l’ 800 e tuttavia gli stessi personaggi erano spesso portatori di una patologia molto diffusa in Europa e soprattutto in Inghilterra, la tubercolosi, per cui venivano in Italia anche per guarire o migliorare le loro condizioni cliniche dal momento che il nostro paese vantava un clima e un’aria particolarmente indicati per chi aveva problemi polmonari.
In realtà, quindi, il turismo si è sviluppato anche per il sorgere di insediamenti specializzati: un misto tra l’albergo e la struttura sanatoriale; occorre dire che se all’inizio le correnti di traffico, soprattutto inglese, preferirono l’Italia, alla fine dell’800, grazie ad una politica specificamente mirata, la Svizzera ci superò sia nell’ideare strutture più confacenti alle esigenze di questa tipologia di turista, sia nell’attrarre traffici sempre più consistenti a tutto danno delle destinazioni italiane.

Questa situazione viene splendidamente trattata – “Storia del turismo, Annale 2005” – Istituto per la storia del Risorgimento italiano- dalla ricercatrice giapponese Ewa Kawamura che ha documentato lo spostamento dei flussi.
La studiosa afferma che dalla metà del 700 fino alla fine dell’800, epoca in cui si diffuse la cura intensiva della tubercolosi in sanatori sulle Alpi, la lotta contro la malattia fu legata al viaggio via mare ed al conseguente cambiamento dell’aria in località caratterizzate da clima mite durante l’inverno.
Nella prima metà dell’800 la meta preferita dai tisici inglesi era l’Italia centrale; si raccomandava di andare in Italia con la nave e di trascorrere l’inverno a Pisa e a Roma.
I medici inglesi erano molto attenti anche nell’analizzare le zone più salubri delle città ed indicare le migliori residenze possibili: così il poeta Keats, nel 1820 a Roma per curarsi, fu indirizzato in una casa a Piazza di Spagna ove molti alberghi romani, consapevoli di questa selezione, avevano già adottato denominazioni inglesi.

La Kawamura sostiene che la fama terapeutica dell’Italia centrale cade a partire dalla fine dell’ 800, superata dalla Riviera ligure e da alcune località campane; così vediamo lo sviluppo turistico di Nervi e delle località del Golfo di Napoli.
La stessa città fu clinicamente investigata essendo considerato ottimale risiedere a Foria, Chiaia e Chiatamone, piuttosto che nella zona di Santa Lucia a causa dell’umidità prodotta dal tufo; alla fine dell’800 le dimore salubri furono, invece, localizzate nella zona collinare di Pizzofalcone e Posillipo mentre acquistavano importanza Castellammare, Sorrento e Capri.
Ben presto la Svizzera recuperò rispetto all’Italia costruendo strutture alberghiere di grande prestigio e aprendo il primo sanatorio tubercolare del mondo nel 1859. Si specializzò nella progettazione di alberghi come sanatori: edificio con esposizione a mezzogiorno, molti balconi collegati a ogni camera e una terrazza come spazio comune: la cura della sedia a sdraio per respirare la salubre aria di montagna, tecnica del medico tedesco Turban che lavorava a Davos destinata a diventare un centro di eccellenza terapeutica.
L’Italia ebbe il suo primo sanatorio nel 1903, non per i turisti ma per le fasce popolari italiane; la dimensione di queste strutture fu molto più ridotta rispetto a quelle svizzere e la configurazione era ristretta all’aspetto medico piuttosto che a quello della ricettività e questo determinò la crisi totale dei flussi verso l’Italia.

Al giorno d’oggi le motivazioni cliniche del turismo stanno tornando fortissimamente in luce anche se i flussi sono rivolti verso altri Paesi: sono mutate le patologie e vi sono particolari ragioni economiche incentivanti.
Gioca un ruolo fortissimo la telematica che fornisce notizie sui centri medici, la tecnologia che offre nuovissimi sistemi di diagnostica e cura e la notevole differenza nei costi dei trattamenti.
Verso molti Paesi dell’Europa orientale si dirigono numerosissimi pazienti per cure odontoiatriche praticate in tempi rapidissimi ed a costi enormemente inferiori a quelli che devono essere affrontati altrove: estrazioni ed impianti nell’arco di due/cinque giorni per l’intero cavo orale che, col viaggio tutto compreso e trattamento semi-alberghiero, vengono a costare meno rispetto all’Occidente e sono effettuati, senza alcuna lista d’attesa, nei tempi e nel momento prescelto dal paziente che visita anche la città e fa acquisti.

Si va per 7/10 giorni in Thailandia, presso hotel a 5 stelle sul mare, in convenzione con centri ospedalieri di eccellenza per interventi estetici totali che vanno dal lifting facciale, alla liposuzione addominale, sollevamento glutei, modellamento cosce, etc. etc. con una spesa leggermente superiore al pacchetto turistico vacanziero; il paziente ha i servizi di un grande albergo unitamente alle cure di personale medico formato nelle università europee o americane per cui nulla avrebbero da invidiare ai maestri della chirurgia estetica più famosi del mondo. Contestualmente gode di spiagge esotiche, intrattenimenti e shopping.

Si sa di ospedali americani presso i quali, dovendosi leggere urgentemente l’esame di un paziente grave – TAC, Risonanza Magnetica, etc. – poiché l’assicurazione non vuole spendere i 500/800 dollari di onorario dello specialista, il referto viene inviato telematicamente ai centri specializzati di Calcutta o Bombay, dove il medico fornisce in pochi minuti la lettura diagnostica con un costo di soli 25 dollari.
Per le stesse ragioni le autorità mediche inglesi hanno contatti con i centri ospedalieri indiani per l’invio di pazienti da sottoporre a trattamenti costosi in Gran Bretagna, nonostante l’eccellenza del sistema sanitario famoso per l’assistenza “dalla culla alla bara”, che possono essere effettuati più economicamente in India, pur sostenendo l’onere del viaggio.

Un caso davvero particolare l’India: ha fatto registrare modificazioni notevoli nei flussi turistici. All’inizio le correnti di traffico erano animate principalmente da motivazioni culturali con una profonda matrice religiosa: ci si recava in India per studiare la spiritualità e le tecniche ascetiche di un popolo capace di controllare il corpo e di raggiungere la pace della mente attraverso la meditazione ed una religione che riconosceva in tutte le forme del creato un’ anima meritevole di rispetto e di attenzione.
Tuttavia, mentre gli studiosi indagavano questa filosofia di vita, molti si rivolgevano agli artigiani locali per farsi confezionare vestiario su misura, rigorosamente rifinito a mano con un costo irrisorio rispetto a un vestito acquistato in Occidente e in uno spazio di tempo brevissimo che consentiva al turista di tornare in patria con un guardaroba nuovo, scelto secondo le sue più fantasiose inclinazioni, e contribuendo, comunque, a sostenere l’artigianato locale anche nel campo dei monili e dei tessuti pregiati.
Nel tempo l’India, tuttavia, passa dall’artigianato all’industria divenendo la Silicon Valley orientale e sviluppa la produzione di componentistica elettronica destinata ai computer, portando i giovani a qualificarsi tecnologicamente e a trovare impiego nelle numerosissime fabbriche alle quali si rivolgono le multinazionali di tutto il mondo per assemblare quelle macchine che vengono vendute a prezzi elevati e la cui produzione in India é economicamente conveniente e costituisce un’occasione nuova di lavoro.
Oggi si è in una terza fase: infatti, si legge che stia trovando un nuovo orizzonte sia nei call center delle imprese che dirottano le chiamate in India, considerato il minor costo dell’operatore, il quale apprende lingue e discipline occidentali, sia per il turismo medicale che è ancora più coinvolgente perché stimola la formazione di professionisti nel campo della medicina, dell’ industria farmaceutica e di macchinari clinici, elevando il tenore di vita delle nuove generazioni.
Quanto sopra dimostra, ancora una volta, come il turismo sia un fatto fondamentalmente sociale, capace di determinare l’economia, ma soprattutto la cultura di una intera nazione.
Noi italiani dovremmo ricordarlo.

Articolo pubblicato su E.N.I.T. ITALIA N. 26 2007

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Video Inchiesta di Rai 1 sul turismo dentale