Cultura

Il patrimonio turistico italiano visto dalla Nuova Zelanda

Stefano Andreotti, ex studente del Master in Tourism Management di tsm, è da poco tornato da un anno di lavoro presso il New Zeland Tourism Research di Aucland, uno dei migliori centri internazionali sullo sviluppo turistico territoriale: una prospettiva del tutto particolare dal quale osservare il nostro paese, con le sue potenzialità e i suoi difetti.

L’Italia, dice Stefano, è un paese pieno di risorse turistiche, eppure perde colpi nella competizione globale. Perché?
Forse non basta avere bei mari e città stupende. L’offerta turistica è un prodotto complesso che va organizzato e gestito.
Quando entriamo in un negozio per comprare una camicia, non ci offrono stoffa e bottoni, ma una camicia già pronta per essere indossata.
Forse dovremmo diventare sarti e venditori che ben lavorano sulle nostre materie prime di ottima qualità.

‘Un museo all’aria aperta..’, ‘Una galleria d’arte senza fine’…, ‘Il cibo italiano e’ il migliore del mondo..’: questi, sono solo alcuni dei commenti che entusiasti neozelandesi con la passione per l’Italia mi snocciolano ogni sera quando al loro tavolo porto una bottiglia di Chianti Classico o un piatto fumante di spaghetti alla Bolognese al ristorante Gina’s di Auckland dove lavoro. Una venerazione totale per il nostro Bel Paese e le sue ricchezze, la sua cultura, i suoi sapori, I suoi scorci e la sua gente accogliente.
Eh gia’, tutto mi sarei aspettato quando sono atterrato ad Auckland ma non di conoscere cosi’ tante persone innamorate del mio paese. Molti di loro ci sono stati parecchie volte, c’e’ chi ci va una volta ogni due tre anni e la maggior parte di loro conosce l’Italia meglio di quanto la conosca io che un pezzetto di mondo l’ho visto. Con mia grande sorpresa ho persino trovato membri dell’Associazione Slow Food Italia, che ne cantavano le lodi e ne apprezzavano le iniziative.
Lo stesso entusiasmo l’ho trovato nei giovani in partenza per l’’OE’, overseas experience, come viene definito quel periodo di tempo, solitamente qualche annetto che moltissimi giovani trascorrono all’estero per lavorare e viaggiare. Anche per loro l’Italia e’ in cima alla lista delle mete da visitare e per alcuni di loro (considerati da me pazzi) e’ il posto dove andare a vivere e lavorare, preferendo Firenze e Roma a Londra o Parigi.
Queste persone sono ‘kiwi’, non italiani immigrati o figli di immigrati e trovo siano un simbolo dell’enorme potenziale turistico che l’Italia ha e non sfrutta a dovere.

Non sfrutta perche’ manca l’organizzazione, perche’ per fare un progetto servono tempi lunghissimi e sembra quasi ‘necessario’ sprecare almeno meta’ del budget..
Non sfrutta perche’ nel 2008 non ha un portale internet adeguato se confrontato con quelli di altre destinazioni anche meno grandi e importanti dell’Italia (vedi Norvegia, Scozia… Groenlandia tanto per citare un colosso del turismo mondiale!). E www.italia.it e’ costato una montagna di euro, ha avuto una fase di sviluppo durata anni e a tutt’oggi non ha un assetto definitivo.

A questo punto mi sorge una domanda: quando si dice che l’Italia perde competitivita’ sul mercato turistico, che la concorrenza e’ sempre piu’ allargata, che il prodotto turistico deve continuamente rinnovarsi e stare al passo con l’esigenze dei turisti dove finiscono tutti questi entusiasti del Bel Paese?
Non e’ che ce ne sono molti in giro per il mondo e siamo noi che ce li perdiamo per strada?

Sergio Lucci
tsm-Trentino School of Management

Web: www.tsm.tn.it

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