Corte Costituzionale e professioni turistiche
di Antonio Sereno
Come è noto il Governo è impegnato, anche in ossequio alle direttive dell’Unione Europea, a tracciare il quadro regolamentare delle attività professionali per adeguarne l’ordinamento alla nuova realtà economica e sociale.
In parallelo nel settore turistico, accanto alle figure tradizionali della guida e dell’accompagnatore, vi sono nuove attività la cui disciplina, in assenza di un intervento statale, viene effettuata dalle Regioni che non hanno alcun titolo per farlo come è stato più volte affermato dalla Corte Costituzionale, da ultimo con sentenza n. 132 del 2010.
Il problema è rilevante per importanza economica e per la qualificazione del settore, ed è grave che le professioni del turismo, anche quelle più antiche, siano oggi prive di normativa con pregiudizio del sistema operativo.
A livello centrale, infatti, il DPR 27 aprile 2004, ha annullato l’Art. 7 della nuova legge quadro sul turismo n. 135, del 2001, e il successivo Accordo Stato/Regioni 13 settembre 2002, nella parte in cui definisce le professioni turistiche e demanda alle Regioni la loro regolamentazione.
Secondo il Consiglio di Stato, l’Art. 7 non tiene conto che le prestazioni dei professionisti non sono rivolte in via esclusiva al turista, ma alla generalità della società. Il Consiglio ha quindi rivolto al Governo l’invito a creare gli Albi Nazionali onde offrire la necessaria dignità agli operatori e qualificare il mercato.
Tale esigenza è stata rappresentata anche dal Parlamento Europeo nella Risoluzione B5-0430, 043 e 0432/2003, ove si legge che le caratteristiche dei servizi professionali richiedono un’adeguata regolamentazione che offra agli utenti finali ogni garanzia di preparazione tecnica ed affidabilità.
Quanto alle norme regionali, la Corte Costituzionale (sentenza 405/05) nel dichiarare illegittima la legge n. 50-2004, della Toscana, sulle professioni intellettuali, ha ritenuto che é riservata allo Stato la normativa sui requisiti di accesso e sulla istituzione degli Albi e la gestione degli Ordini professionali per cui le Regioni potranno disciplinare le attività solo nell’ambito di quanto previsto dagli enti nazionali, quali gli Ordini e i Collegi.
Ne consegue che tutte le norme regionali, attualmente in contrasto con tale principio, sono da considerare nulle.
Ne abbiamo conferma nella sentenza della Corte Costituzionale n. 271, del 19 ottobre 2009, che ha dichiarato l’illegittimità di alcune norme dell’Emilia-Romagna, del 27 maggio 2008, sulla disciplina delle attività di animazione ed accompagnamento turistico.
La Corte ha ripetuto che compete allo Stato l’individuazione dei profili professionali e dei requisiti necessari per il relativo esercizio. Tale principio è valido anche per le professioni turistiche. Invero, ricorda l’organo giudicante, già la sentenza 222, del 2008, ha stabilito che l’attribuzione delle professioni alla competenza dello Stato, prescinde dal settore nel quale l’attività professionale si esplica e corrisponde all’esigenza di una disciplina uniforme sul piano nazionale che sia coerente anche con i principi dell’ordinamento comunitario.
Da ultimo, con sentenza 132, del 12 aprile 2010, la Corte ha annullato per illegittimità la legge della Regione Puglia 19 dicembre 2008, n. 37, recante “Norme in materia di attività professionali turistiche”.
La Regione aveva previsto la creazione di tre figure: l’interprete turistico, l’operatore congressuale e la guida turistico-sportiva.
Tali attività non risultano regolate dalla legislazione statale vigente e non possono essere disciplinate dalla Regione poiché la istituzione di un registro professionale e la previsione delle condizioni per l’iscrizione ad esso, risultano precluse alla competenza degli organi locali.
E’ la sesta pronuncia che mette in luce l’assenza dello Stato sin dal 2004 mentre le norme delle Regioni, tra l’altro, impongono arbitrariamente il numero chiuso, delimitano l’ambito di esercizio della professione a una parte del territorio, non prevedono una omogeneità di formazione e non hanno un calendario fisso per l’autorizzazione all’esercizio dell’attività.
E’ chiaro che tale situazione nuoce al turismo.
Nel riordinare le attività professionali non dovrebbe essere dimenticato il settore: il problema potrebbe essere affrontato insieme alle altre professioni, ovvero ampliando lo schema di legge sul turismo montano che il Ministro Brambilla ha recentemente varato.
Sarebbe opportuno estendere lo schema alle altre professioni, non dimenticando la guida ed il direttore d’albergo, in modo che, sulla scorta delle indicazioni fornite dal Consiglio di Stato e dalla Corte Costituzionale, dia una disciplina completa creando gli Ordini e tracciando le linee utili per l’ulteriore, eventuale normativa da parte delle Regioni.