E-tourism e professioni emergenti: lo storyteller
Come già evidenziato dagli esperti del settore, il turismo del futuro sarà sempre più digitale.
Gli utenti utilizzano con sempre maggiore frequenza il web per tutte le fasi di organizzazione di un viaggio.
Ossia dalla scelta della meta, alla ricerca della struttura in cui soggiornare, alla prenotazione di voli e alloggi.
Va da sé che nuove tipologie di turismo necessitano di specifiche figure professionali.
Tra queste, un ruolo particolarmente rilevante è assunto dagli operatori che si occupano di comunicazione.
E in questo settore una figura che si sta affermando è quella dello storyteller.
Ovvero colui che riesce a raccontare un territorio, una location, un itinerario trasmettendo un’emozione.
Per coinvolgere l’utente a tal punto da fargli sognare di vivere, in prima persona, quelle stesse sensazioni.
Cosa fa uno “specialista del racconto”
Nata nel mondo del marketing, la figura dello storyteller è attualmente una delle più richieste nell’ambito del lavoro in digitale.
Del resto sono gli stessi turisti-viaggiatori a preferire il digital storytelling, la narrazione dei luoghi e delle esperienze.
Per prima cosa, il suo compito è quello di individuare un target al quale rivolgersi per promuovere i prodotti o i servizi che vuole ‘sponsorizzare’.
Il secondo passo è quello di valutare se preferire una narrazione basata sulle parole oppure sulle immagini. O, ancora, su entrambi gli elementi.
Poi bisogna quali canali di comunicazione privilegiare per divulgare il messaggio e selezionare le tecniche comunicative più appropriate.
Il centro di tutto, però, è la costruzione stessa del messaggio.
Che non deve essere semplice comunicazione di informazioni, ma narrazione. Anche e soprattutto nell’era post covid.
Deve, in sostanza, creare una storia avvincente, che faccia leva sui sentimenti del lettore.
Suscitando in lui stupore, voglia di vivere un’esperienza, senso di appartenenza, solidarietà e coinvolgimento.
In poche parole, deve essere in grado di regalargli un sogno, un ricordo perduto, un’atmosfera appagante.
Più la storia che viene raccontata è interessante, più aumenta il numero il ‘pubblico’ a cui farsi conoscere.
Perché questa figura è oggi così importante
Facendo leva sull’immaginario dell’utente, lo storyteller crea un’identità ben precisa del brand o del prodotto, rendendolo unico e riconoscibile.
Il brand positioning va esattamente in questa direzione.
In un’epoca in cui sono tutti on line e il web è super affollato di aziende, servizi e attività devono essere identificabili.
Essere identificabili significa avere maggiori possibilità di essere conosciuti e differenziarsi.
Quindi, di conseguenza, preferiti alla concorrenza.
In poche parole, bisogna conquistarsi una buona brand reputation.
Ed è proprio a quello che punta lo storyteller.
Questa tipologia di marketing permette, in definitiva, di far sì che il valore percepito della propria attività o del proprio prodotto sia accresciuto.
Cosa che si traduce in un aumento del proprio business grazie al maggior numero di clienti che vengono intercettati e ‘conquistati’ dalla ‘storia’.
E che vengono, oltretutto, fidelizzati.
Storytelling e turismo: “inventare” la destination
In un settore come quello dei viaggi, in cui gli utenti sono spinti dal desiderio di vivere emozioni, riuscire a creare la giusta atmosfera è più che mai rilevante.
Se questo è vero, lo è a maggior ragione per quel che riguarda la destination. (In questo articolo si parla di destination management e progetti per superare la crisi).
Una buona narrazione, su questo fronte, può fare la differenza: lo dimostra, ad esempio, il turismo letterario.
Senza andare troppo lontano, basti pensare al gran numero di turisti che si riversa a Punta Secca (Ragusa) per vedere la casa che, in tv, appartiene al commissario Montalbano.
Che cosa si può promuovere ricorrendo allo storytelling? Praticamente ogni cosa.
Un territorio, una struttura ricettiva, un ristorante, di una cantina, un museo.
Il potenziale viaggiatore resta attratto da ciò che riesce ad accendere il suo immaginario.
Questo può essere una leggenda, una tradizione che si tramanda di padre in figlio, un segreto su come si realizza un piatto. E molto altro ancora.
Turismo e narrazione: cosa raccontare
Se è vero che attraverso questa tecnica si può promuovere qualsiasi cosa – dall’hotel, al ristorante, al paesino o al grande museo – ci si potrebbe chiedere cosa raccontare.
La risposta è aperta a vastissime possibilità.
Non c’è una ricetta, perché potenzialmente si può scegliere di puntare su qualsiasi aspetto che possa catturare l’attenzione.
Riferendoci a un territorio, per esempio, potremmo scegliere di raccontare le storie, la vita, le esperienze di chi lo abita.
Oppure preferire di dar voce agli aneddoti e ai racconti dei visitatori che hanno scelto di trascorrervi le vacanze.
O, in alternativa, decidere di far leva sui fatti storici che riguardano il territorio, se è stato protagonista di film o romanzi.
In questo caso, è possibile scegliere di puntare su dettagli e curiosità relativi alle riprese, agli attori, ai luoghi frequentati dalla troupe.
Parlando di una struttura ricettiva, invece, può essere un’idea quella di svelare la storia dell’edificio, se si tratta di una costruzione antica.
Oppure, se si tratta di un’attività avviata da un antenato, raccontare il passaggio di testimone da una generazione all’altra.
Un esempio per approfondire: il caso Molise
In concreto, però, in che modo può funzionare questa strategia?
Per capirlo in maniera semplice ma efficace basta citare un esempio non troppo remoto.
Forse non si tratta di storytelling ‘puro’, ma è utile per comprendere l’impatto di una buona narrazione.
Tutti sanno, grazie a un tormentone nato ormai tanti anni fa, che “il Molise non esiste”.
Ma è bastato che lo raccontasse Selvaggia Lucarelli su Il Fatto Quotidiano, in un articolo che mixa storytelling e travel blogging, perché cominciasse ad esistere davvero.
(A tal proposito può essere interessante approfondire la conoscenza dei Travel Influencer).
L’effetto è stato immediato e sorprendente.
Nell’estate del 2020, che ha visto affermarsi il trend delle mete meno frequentate, la ventesima regione ha vissuto un vero boom di visitatori.
Così i social network sono stati invasi, nello stesso periodo, da selfie scattati presso le cascate di Carpinone o il ponte tibetano di Roccamandolfi.
Un risultato più capillare e più rapido di quanto si potesse ottenere attraverso le campagne promozionali tradizionali.
Le foto, i video, i selfie: la forza del visual storytelling
Proprio l’esempio del Molise è utile per introdurre quella che è una sottocategoria di questa strategia di marketing: il visual storytelling.
La pubblicazione sui social dei selfie davanti alle attrazioni naturali molisane, ha innescato una reazione a catena che ha spinto altri turisti a scegliere il Molise.
E così via in un effetto domino che ha dato una forte spinta alla stagione turistica dell’estate 2020.
Infatti il settore dei viaggi, molto più di altri, è particolarmente portato ad essere raccontato attraverso le immagini.
Per questo risulta essere particolarmente funzionale il visual storytelling.
Questo tipo di narrazione, rispetto a quella affidata alle parole, è molto più istantanea e diretta.
Non occorre dedicare al messaggio il tempo necessario alla lettura per entrare in sintonia col ‘prodotto’.
È l’immagine che deve creare subito il feeling tra l’attività promossa e l’utente.
Il testo, in questo caso, serve più che altro da didascalia.
Quando un’immagine vale più di una parola
Compito dello storyteller, dicevamo prima, è quello di valutare con attenzione quale canale di comunicazione utilizzare per divulgare il messaggio.
Quindi, di volta in volta, stabilire se sia meglio affidarsi al testo o all’immagine.
Ciò dipende non solo da cosa si vuole promuovere, ma anche da quale aspetto del prodotto si deve valorizzare.
Per trasmettere quelli che sono i valori di un’attività o prodotto, in effetti, potrebbe rivelarsi più utile prediligere il racconto scritto.
Mentre il visual storytelling sembra essere maggiormente efficace nella gestione della brand reputation.
Oppure, in misura ancora più incisiva, per quel che riguarda la costruzione dell’immagine e dell’identità.
Questo perché l’immagine contribuisce in maniera più diretta all’identificazione.
Se l’immagine diventa iconica: il lago di Braies
Il lago di Braies, in Trentino Alto Adige, potremmo descriverlo con mille parole.
Narrare le sue acque turchesi e cristalline e la natura incontaminata che lo circonda.
Descrivere l’impatto suggestivo offerto dai boschi di conifere che potrebbero ospitare elfi e fato.
O ancora dire che sembra uscito da un racconto di Tolkien o da una saga nordica.
E tutto ciò contribuirebbe senz’altro a comunicarne il fascino e creare nel viaggiatore il desiderio di visitarlo.
Ma nulla di tutto ciò potrà avere l’impatto che ha la sua immagine, oggi talmente nota da essere diventata iconica.
In effetti quando si dice ‘lago di Braies’ si pensa immediatamente, senza esitazione, al una capanna in legno ed alle cime dolomitiche che vi si specchiano.
Viceversa, quando ci si imbatte in una sua foto si pensa subito alla località, in un meccanismo di identificazione pressoché totale.
Amplificato anche dal fatto di essere stato lo scenario della serie televisiva ‘A un passo dal cielo’.
Diventare storyteller: i requisiti necessari
Abbiamo visto come, in questo momento, lo storyteller sia una figura professionale molto richiesta perché in qualsiasi settore è possibile rafforzare l’immagina attraverso una storia da raccontare.
Ma come avviarsi sul percorso che porta a questa professione? Quali sono i requisiti richiesti?
Naturalmente, la prima caratteristica è quella di avere delle ottime capacità di scrittura.
Ma non basta, poiché bisogna avere anche delle buone conoscenze delle tecniche di comunicazione.
E ancora non saprebbe sufficiente, senza una competenza specifica relativa ai nuovi strumenti on line, a cominciare proprio dai social network.
Al contempo è senz’altro utile vantare delle conoscenze quantomeno dei basilari meccanismi di marketing.
A tal proposito un buon Corso di digital marketing turistico può aiutare a colmare eventuali gap.
In ogni caso bisogna essere in possesso di una buona cultura generale.
Mentre un’attitudine a un continuo aggiornamento delle proprie competenze aiuta sicuramente.
Quanto al percorso formativo, sono indicate naturalmente le Lauree nel turismo, nell’ambito della comunicazione-marketing o del settore umanistico.
Per il post laurea, invece, esistono corsi o Master in ambito turistico e alberghiero dedicati proprio a sviluppare queste competenze.