Hotel Brand Reputation: ostacolo da aggirare o opportunità da gestire?
Alcuni operatori vi prestano la massima attenzione, altri affrontano il tema in modo passivo, altri pensano di poter andare avanti ignorando completamente la portata strategica dell’argomento. Come avremo modo di approfondire in questo articolo, la Brand Reputation funge oggi da vera e propria “barriera all’entrata” nel processo di acquisto del prodotto alberghiero. Come agire?
Partiamo da un dato di fatto: la rivoluzione digitale ha profondamente modificato le regole del gioco nella nostra vita quotidiana. Il processo di acquisto, fino a dieci/quindici anni fa, era molto snello: il cliente era sempre mosso da uno stimolo (ovvero un bisogno iniziale) a cui faceva seguito l’acquisto del bene/servizio desiderato e, quindi, l’utilizzo del medesimo.
Questo modello ha subìto, a più riprese nel corso degli anni, una sostanziale trasformazione a causa del crescente ruolo rivestito dall’ICT e, in particolar modo, dal WEB. In effetti, attualmente si assiste al costante spostamento del modo di fare commercio verso un paradigma sempre più vocato alla virtualità: vi sono ormai brand che, pur non esistendo neanche fino a qualche anno fa, appartengono di fatto alla nostra quotidianità (a titolo esemplificativo Facebook, Amazon, Ebay, Booking, Tripadvisor, etc.).
Lo sviluppo del web nel comportamento d’acquisto
Grazie al contributo di due noti analisti in ambito digitale (Jim Lecinski e Brian Solis) si è giunti alla definizione di un “up to date” del modello comportamentale d’acquisto precedentemente individuato: in questa innovazione il web gioca l’indiscusso ruolo di attore protagonista. Lecinski e Solis hanno sviluppato il modello introducendo due nuovi step web-based: il pre-shopping e lo sharing informativo.
Lo stesso Lecinski, esplicitando il significato di questa fase nel suo e-book “Winning the Zero Moment of Truth”, sostiene che il pre-shopping è la fase in cui “… uno studente seduto in un bar, confronta prezzi e recensioni, mentre cerca un hotel economico a Barcellona; … un manager, comodamente seduto sulla sua poltrona in ufficio, compara i prezzi di alcune stampanti laser e delle relative cartucce d’inchiostro, prima di effettuare l’ordine presso l’ufficio acquisti; … un amante degli sport invernali, una volta entrato in negozio, prima di acquistare la sua nuova tavola da snowboard, visualizza sul suo smartphone le ultime recensioni relative a quello specifico prodotto”.
Credo che gli esempi prodotti dallo stesso Lecinski non necessitino di ulteriori parole di approfondimento. Foto, video, recensioni, commenti, giudizi, articoli di giornale, etc.: tutto ciò ormai incide innegabilmente sulle scelte di acquisto che ogni consumatore effettua nei più variegati settori merceologici.
Si, ma … come viene generato e alimentato questo patrimonio informativo virtuale?
A questa domanda, risponde l’intuizione di Brian Solis, per cui il processo d’acquisto non può ritenersi concluso con l’esperienza di consumo del bene/servizio acquistato: c’è una crescente motivazione che spinge il cliente a condividere la propria esperienza attraverso i canali telematici più opportuni.
Si pensi, a tal proposito, all’history case di “Trip Advisor”: una piattaforma web che, sviluppatasi in un arco temporale relativamente breve (in circa dieci anni di tempo), rappresenta ormai l’indiscusso filtro in grado di influenzare sensibilmente le scelte di consumo in ambito alberghiero e ristorativo.
L’intuizione di Solis, a parere di chi scrive, altro non è che la formalizzazione teorica di un passaggio dal passaparola tradizionale, che un tempo era ancorato ad un’accezione fortemente “fisica” (ossia legato alla conoscenza di un collega, di un amico, di un parente), verso una nuova forma di passaparola che, al contrario, si basa quasi esclusivamente sulla “virtualità”: una forma di condivisione che individua nel web il luogo ideale in grado di mettere in comunicazione un numero infinito di utenti.
L’insieme di tutte le informazioni condivise sotto varia forma (siano esse commenti, giudizi, opinioni espressi sotto forma di testi, immagini, video, etc.) e afferenti un determinato prodotto/servizio, genera quella che è comunemente definita Brand Reputation.
La Brand Reputation: una questione algebrica!
Definito il concetto di Brand Reputation cerchiamo di approfondire il tema, con specifico riferimento al settore alberghiero, lasciandoci guidare dai seguenti interrogativi:
1. come si genera la Brand Reputation di un hotel?
2. quale fase del processo di acquisto incide sulla generazione di Brand Reputation?
3. in quale fase d’acquisto la Brand Reputation sprigiona il suo massimo effetto?
1. Come si genera la Brand Reputation di un hotel?
Per rispondere al primo quesito, è necessario riprendere in considerazione il modello di processo decisionale precedentemente analizzato. Dalla sequenza delle cinque fasi, emerge in modo chiaro come il cliente, nella fase di pre-shopping, maturi una serie di aspettative rispetto all’esperienza attesa presso l’hotel scelto, ad esempio, per il suo prossimo soggiorno estivo: aspettative che vengono “formalizzate” nel momento di acquisto vero e proprio.
Terminato il periodo di attesa (in cui le aspettative tendono certamente a crescere), arriva finalmente il giorno in cui il cliente giunge in hotel: dal momento del check-in al momento del check-out l’esperienza attesa si trasforma in esperienza vissuta.
Il confronto tra queste due differenti esperienze genera uno stato d’animo che si traduce in un giudizio. Il consolidamento di un giudizio più o meno positivo avviene in funzione del verificarsi di una delle seguenti condizioni:
Eccoci dunque giunti alla prima conclusione: la Brand Reputation è individuata da una sommatoria di giudizi il cui maggior (o minor) livello di positività è determinato dalla differenza tra “Esperienza vissuta” ed “Esperienza attesa”.
Provando ad esprimere lo questo concetto, azzardando una metafora matematica, potremmo rappresentare la Brand Reputation con la seguente formula:
Il valore assunto dalla Brand Reputation di un prodotto/servizio, in definitiva, è funzione diretta del Giudizio (G) espresso da “n” clienti effettivi: al variare del Giudizio varierà il valore della Brand Reputation, tenendo ben presente che il Giudizio, nella sua complessità, altro non è che la sommatoria di giudizi espressi (da ogni singolo cliente) sulla base della differenza tra l’Esperienza vissuta (Ev) e l’Esperienza attesa (Ea).
2. Quale fase del processo di acquisto incide sulla generazione di Brand Reputation?
La risposta al secondo quesito apre il campo ad una riflessione strategica non trascurabile.
Stando alla relazione algebrica appena vista, non v’è dubbio che la Brand Reputation si costruisca durante la fase dell’esperienza vissuta: il periodo di permanenza del cliente rappresenta il lasso temporale in cui ogni hotel incide (nel bene o nel male) sulla generazione della propria Brand Reputation.
La qualità percepita dal cliente per il servizio offertogli rappresenta, in questa fase, il suo personale parametro di confronto rispetto alle aspettative che egli stesso aveva inizialmente maturato.
Tale affermazione, però, apre lo spazio ad alcune riflessioni: come si può stabilire quale sia la soglia al di sopra della quale un servizio possa essere definito “di qualità”? E, soprattutto, si è certi che l’erogazione di un determinato servizio generi la stessa identica percezione di qualità in ogni cliente?
La complessità di interrogativi di questo genere, necessita approfondimenti futuri. Volendo però giungere in questa sede ad una conclusione condivisa, credo si possa sostenere che, per creare i presupposti di un’esperienza sufficientemente positiva, generando così un giudizio positivo nella mente del cliente, bisogna certamente non tradire le sue aspettative!
Ciò rappresenta praticamente una delle principali trappole in cui possono imbattersi gli operatori del settore alberghiero: troppo spesso, infatti, mi è capitato di confrontarmi con strutture alberghiere il cui management, mosso dal naturale obiettivo di massimizzare il proprio revenue, cede alla tentazione di promuoversi con testi, video, immagini non sempre totalmente rispondenti alla realtà. Tutto ciò, per le ragioni su esposte, è semplicemente letale in un’ottica di Brand Reputation.
3. In quale fase d’acquisto la Brand Reputation sprigiona il suo massimo effetto?
Anche rispetto al terzo interrogativo la risposta, considerato il modello decisionale analizzato, emerge con chiarezza. La condivisione informativa, prescindendo in questa sede da una valutazione di merito rispetto alla tipologia di canale web utilizzato (siti di recensioni, social media, OTA, etc.), funge da ponte immaginario con la fase di pre-shopping: si osserva, in effetti, come l’insieme di informazioni condivise da un certo numero di clienti “effettivi” funga da patrimonio informativo per una quantità infinita di futuri clienti “potenziali”.
La Brand Reputation, quindi, sprigiona il proprio massimo effetto nella fase di pre-shopping: ossia nella fase in cui ogni cliente “potenziale” si affaccia, tramite il web, sul mercato per compiere le proprie scelte di acquisto.
Questa è la ragione per cui si può ragionevolmente concludere che la Brand Reputation funge, a tutti gli effetti, da barriera all’entrata nel processo d’acquisto: se la Brand Reputation è positiva, il cliente sarà disposto a valutare l’opportunità di acquistare un determinato bene/servizio; contrariamente, con una Brand Reputation deteriorata, il cliente già in fase di pre-shopping elimina dalla sua mente quel determinato bene/servizio.
Qualcuno nutre ancora dubbi rispetto alla conclusione per cui la Brand Reputation rappresenta una delle più grandi opportunità su cui investire?
Alla prossima!