Il Turismo in Italia agli esordi del 2009
di Guido Vaccaro
Lo sviluppo turistico del mondo occidentale opulento, dopo la fase dilagante della seconda metà del novecento, vive male la fase della maturità dei primi anni del duemila, afflitta e bombardata da eventi avversi di immane portata: l’attentato alle Twin Towers dell’11 settembre del 2001, la lotta al terrorismo internazionale, la crisi petrolifera del 2005-2006, quella finanziaria in atto.
La crisi del turismo, in corso dalla seconda metà del 2008, si è svolta tra alti e bassi non sempre nitidi, che hanno riguardato contemporaneamente quantità e qualità della domanda turistica nei diversi mercati turistici del mondo occidentale. La sua percezione ne è risultata ritardata per il fatto che, in una prima fase, gli andamenti quantitativi, non peggiori di altri periodi, davano la falsa impressione che poco o nulla stesse cambiando e celavano il molto che stava peggiorando dal punto di vista qualitativo. Mancanza di chiarezza, peraltro, accentuata, da ambienti turistici (nazionali e internazionali) che automotivano la loro sussistenza con la permanente e trionfante enfasi dei fenomeni di pertinenza, dagli operatori dell’offerta turistica, inclini ad un incoraggiante ottimismo di facciata verso il mondo della domanda (e da sostanziali e pessimistiche preoccupazioni sul versante interno) e un altro po’ da una politica del settore frazionata e costosa, ancora incerta tra un marketing di maniera ed una reale politica di sostenibile sviluppo.
Il ciclo si è volto pericolosamente al basso nell’autunno 2008; e si teme che tale possa restare per un periodo non breve: in termini puramente quantitativi il bilancio turistico 2008 non appare affatto positivo.
Secondo l’ISTAT (che produce le informazioni più solide e “scientifiche” in materia) la domanda turistica degli Italiani si è espressa con 123 milioni di viaggi e 707 milioni di pernottamenti fuori casa, che rappresentano – rispetto all’anno 2007 – un aumento di ben 9,4% dei primi e di 2,5% dei secondi, con una diminuzione della durata media dei soggiorni di vacanza che, dopo già essere calata da 6,7 del 2006 a 6,1 del 2007, è ancora calata a 5,7 nel 2008. Ma, scendendo nei dettagli, si constata che:
- il turismo di tipo professionale (di lavoro e affari) – che rappresenta un pregevole 13-14% del totale dei viaggi – è rimasto praticamente fermo ai livelli dell’anno precedente;
- il turismo di diporto (con « diporto » si intendono tutte le forme di pratica turistica, non obbligate o vincolate da esigenze connesse con le attività di lavoro e professionali; ma sono motivate dalla libera ricerca di trascorrere piacevolmente il tempo disponibile), in totale, è aumentato molto (+9,9%) in termini di viaggi, ma quasi niente in termini di pernottamenti fuori casa, dato che la media è scesa da 6,5 a 6,0 pernottamenti a viaggio;
- il turismo di diporto di durata superiore a 4 notti è aumentato di 3,3% in termini di viaggi, ma l’accorciamento dei suoi soggiorni ne ha lasciata pressappoco invariati i pernottamenti.
Complessivamente negli esercizi ricettivi italiani, nell’anno 2008, si è ancora registrata una relativa tenuta di arrivi e presenze di clienti italiani, rimasti praticamente invariati rispetto all’anno precedente, ma con uno spostamento tra esercizi, con benefici per i pochi delle categorie più elevate ed i molti di quelle medio-basse. Contemporaneamente si è registrata anche una non indifferente flessione di oltre 4% degli arrivi e delle presenze straniere, che ha determinato, nel bilancio dell’imprenditorialità ricettiva, una perdita complessiva di circa 2 milioni di arrivi di clienti e di circa 7 milioni e mezzo di loro pernottamenti, corrispondente a circa 1,9-2% della loro attività. Il senso (se non la precisione) di queste stime, peraltro concomitanti, deriva dalle laboriose rilevazioni dell’ISTAT e dell’organizzazione turistica sul territorio, della Federalberghi e da istituti di ricerche specializzati nello studio del mercato turistico (ISNART, Mercury, Dataidea, ecc.). La Federalberghi, ad esempio, ha stimato il calo di pernottamenti negli esercizi alberghieri in 7 milioni e 800 mila, di cui 1 milione e trecentomila di Italiani e 6 milioni e mezzo di stranieri).
Tradotto in valori monetari l’introito valutario del turismo internazionale dell’Italia, nel 2008, è stato praticamente uguale a quello dell’anno 2007 (31,1 miliardi di Euro), mentre gli esborsi sono aumentati dai 20,0 miliardi di Euro del 2007 ai 20,9 miliardi, con un incremento di 4,5%. Il saldo attivo della bilancia dei pagamenti turistici, un vecchio atout per l’economia italiana, è diminuito pertanto di 910 milioni di Euro, perdita equivalente a – 8,2% in valore percentuale.
Le defaillances del turismo del 2008 (dopo gli alti e bassi degli anni precedenti) si sono manifestate a partire dai mesi estivi e sono evolute progressivamente, in coincidenza con la crisi economica generale. La loro virulenza è diventata elevata nell’autunno-inverno e si teme che possano accentuarsi – e non poco – nel corso del 2009. Alla BIT di Milano, di metà febbraio 2009, la precedente informativa di sintesi, relativa al 2008, è stata integrata da altre gravi affermazioni, espresse da più parti. In particolare:
– Il Sottosegretario alle Attività Produttive Brambilla ha denunciato, per il 2008, una perdita acquisita di 4 miliardi di fatturato turistico e di 40.000 posti di lavoro.
– L’ ISNART, Istituto di ricerche sul Turismo di UNIONCAMERE, ha stimato per il 2008 un calo di partenze degli Italiani per il turismo di sola vacanza di 5,6%.
– Lo stesso Isnart ha stimato la perdita 2008 di fatturato del settore alberghiero in 927 milioni di euro, pari a una diminuzione di 6 – 7 % .
– L’Istituto di ricerche DATAIDEA per il 2008 ha stimato in 4,5 miliardi di euro la perdita di fatturato “da turismo” per tutte le attività economiche italiane (dirette del turismo, indirette ed indotte); la stima è coerente con quella del Sottosegretario Brambilla e con quella con quella enunciata dall’ISNART per la sola componente alberghiera: la perdita include quasi 1 miliardo di euro proveniente dall’estero, e comporta un conseguente ammanco secco di 0,2-0,3% di PIL.
– L’ISTAT, in base ad una rilevazione sui i giudizi espressi dagli albergatori sull’andamento del turismo per il trimestre gennaio-marzo 2009, rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, stima che la differenza tra coloro che prevedono un aumento e quella di chi prevede una diminuzione è fortemente negativa (meno 42,8%), con previsioni sfavorevoli sia per il turismo nazionale (- 44,1), sia per quello estero (-9,8). Al riguardo si osserva un marcato peggioramento rispetto al 2008, allorché il saldo negativo era pari a meno 19,4%.
– La Federazione Italiana dei pubblici Esercizi (FIPE) teme per il 2009 una perdita di fatturato per i pubblici esercizi di 3,7 miliardi di Euro.
– Le imprese di viaggio stimano per il 2009 un calo di 3,7% delle spese per turismo di affari.Ai dati suddetti, che già presentano una loro preoccupante gravità, e ragionando su altri elementi di analisi – questa volta in maniera opinabile – si possono accompagnare anche non positivi apprezzamenti espressi in ordine a:
- Una sorta di relativo appagamento della domanda: esperti sociologi annunciano che la crescita acritica della domanda di vacanza, tipica della fase di sviluppo del turismo nella seconda metà del novecento, nei paesi occidentali, ha raggiunto un livello di maturità critica: da molti anni il tasso di partenza per la vacanze ha raggiunto e superato il 50% delle popolazioni, (in Italia, secondo l’Istituto Mercury, 57-58% della popolazione si può permettere una vacanza), soglia oltre la quale agiscono determinanti insopprimibili ad essa contraria. Né va meglio per il turismo cosiddetto “professionale”, al quale fa concorrenza spietata la telematica.
- La domanda turistica di “diporto”: nonostante i pareri contrastanti espressi su di essa, è e rimane una domanda secondaria, comprimibile, procrastinabile, elastica rispetto al reddito delle persone ed alle condizioni di accesso all’offerta, e a molte altre elementi, anche psicologici.
- La domanda turistica è e rimane “precaria” per molti aspetti non controllabili: sicurezza, clima, garanzie ambientali, ecc..
- La concorrenza dell’offerta: l’Italia, pur essendo dotata di un patrimonio culturale e naturale ineguagliabile nel mondo, si classifica 21^ in Europa e 28^ nella classifica generale stilata dal World Economic Forum sulla competitività turistica di 133 paesi. E non consola sapere che il nostro Paese mantiene la stessa posizione dello scorso anno. Perché le cose potrebbero e dovrebbero andare in modo ben diverso.
- Inoltre, risulta penalizzante il fatto che il paese (pur investendo non poco, sul piano nazionale, regionale e locale) non abbia una strategia politica per il consolidamento e lo sviluppo sostenibile del turismo italiano (ambiente, infrastrutture materiali ed immateriali, attività, prodotti di qualità, ecc.), ma miri invece, quasi esclusivamente a stantie, inefficaci e, talvolta, inconcludenti azioni di penetrazione sui mercati. Che è come se per risolvere la crisi dell’automobile si cercasse solo di venderne qualche esemplare in più e non ci si interrogasse sul futuro dell’auto, in termini di mobilità delle persone, di trasporti privati e collettivi, di evoluzioni tecnologiche all’orizzonte, di inquinamenti, ecc..
Non pare quindi che dal bilancio turistico nazionale del 2008, si possano trarre grandi motivi di soddisfazione. Né pare che esistano territori, tipologie, offerte, o targets che si salvino dalla débacle passata e ancora prossima ventura.