Il turista gourmet e il foodie: il cibo si fa esperienza
I singoli individui sono oggi sempre più orientati alla ricerca di beni e servizi che abbiano in sé valori simbolici e non un mero valore d’uso. Il consumo delle esperienze turistiche riflette questa attitudine, con il turista che sembra affermarsi e definirsi proprio a partire da valori simbolici, da sensazioni, da elementi cognitivi e affettivi che influiscono sul suo comportamento da consumatore.
In particolare, nel turismo enogastronomico consumare cibo non significa semplicemente consumare qualcosa che sia più buono di altri possibili elementi nutritivi in grado di ingenerare un senso di sazietà nell’individuo: significa compiere una serie di esperienze, non ripetibili altrimenti.
Il turista gourmet, l’identikit dell’esteta del cibo
Ne sa qualcosa il “turista gourmet”, per il quale il cibo si fa esperienza e non è un mero prodotto: la sua è un’esperienza da esteta e predilige l’unicità del piatto e dell’atmosfera.
Il “gourmet” è una persona appassionata di cibo raffinato che tiene conto della qualità degli ingredienti, la mis en place e il luogo in cui viene gustato il piatto; è un esteta del cibo con notevoli conoscenze pregresse e considera l’atto del mangiare una vera e propria esperienza da assaporare con tutti i cinque sensi.
Particolarmente propenso al cibo di qualità e alla haute cuisine, il “turista gourmet” è un turista informato e curioso, attento al dettaglio, che vuole conoscere di persona lo chef e i processi di cottura della pietanza.
Tuttavia, se venti anni fa era un celebre chef o una grande tradizione gastronomica ad attrarlo, oggi è più la voglia di scoprire i sapori di un territorio insieme alla sua storia, alla sua arte e cultura, non disdegnando, tuttavia, il comfort e il benessere durante il viaggio. È l’edonista del terzo millennio, ovvero colui che fa della ricerca del piacere il proprio indirizzo di vita.
Il “turista gourmet” è in genere adulto, alla ricerca della qualità degli ingredienti e dell’armonia dei sapori. Dispone di un reddito medio-alto ed è disposto a spendere sempre di più.
La crisi non è riuscita a bloccare questo cacciatore del gusto. Casomai, lo ha reso più selettivo, più attento alla qualità e alla ricerca di originalità, portandolo a viaggiare oltre i percorsi più noti.
I nuovi turisti: i foodies
La crescente segmentazione del mercato turistico ha portato negli ultimi anni alla diffusione di nuove tipologie di vacanza (città d’arte, enogastronomia, …) che sono andate ad affiancarsi a quelle tradizionali. Diventa quindi sempre più opportuno parlare di “nuovi turismi” e “nuovi turisti”; fra questi, certamente degna di essere raccontata è la caratterizzazione dei turisti chiamati “foodies”.
Il termine “foodie” fu coniato nel 1981 da Paul Levy e Ann Barr, che nel 1984 pubblicarono il loro libro “The Official Foodie Handbook”. Da allora questo fenomeno turistico-culinario si è diffuso nel mondo, in particolare negli ultimi anni grazie al crescente interesse verso le tematiche legate al cibo.
Il “foodie” si contraddistingue dall’austero esperto gastronomico: non è un gourmet professionista, tuttavia è un intenditore che conosce gusti e sapori e ama il cibo, lo studia, lo mangia ed è attento a tutte le novità culinarie.
Ha un approccio più amatoriale anche se “dilettantistico”, qui inteso nel senso del cultore di un hobby a 360°: infatti, se il gourmet cerca semplicemente il miglior cibo il “foodie” vuole saperne il più possibile e dà importanza all’impressione che riceve guardando, toccando e sentendo il profumo del cibo. È inoltre attento alla qualità e non si abbandona agli eccessi.
Il turista chiamato “foodie” è un turista che apprezza il cibo in ogni sua sfaccettatura, anzi innerva anche altri atteggiamenti di consumo: fa la spesa, cucina, sfoglia riviste di cucina o naviga in internet e per lui l’interesse per la buona tavola in tutte le sue sfaccettature è al primo posto.
Quello dei “foodies” è un universo che esercita una certa influenza su tutto ciò che ha a che fare con la cucina intesa nella sua accezione più ampia: ristorazione, cucina domestica, cibo, strumenti, perché sono scopritori e valorizzatori di prodotti, di territori e di luoghi di ristorazione.
Oltre a curare la cucina, sono fortemente interessati alle cene fuori casa, alla qualità del cibo e del vino, al turismo enogastronomico, alle trattorie e ai luoghi da aperitivo, al mangiare etnico e alla polisensorialità del cibo.
I foodies in cifre
Ma quanti sono i “foodies”? Negli Stati Uniti, dove il fenomeno è partito, questo segmento conta 44 milioni di persone, il 19,5% della popolazione americana adulta.
I “foodies” in Italia rappresentano il 9,8% della popolazione compresa tra i 15 e 74 anni, ovvero 4,9 milioni di persone e crescono al ritmo di 250.000 persone l’anno.
Sono per lo più adulti d’età compresa tra i 35 e i 44 anni, in maggioranza maschi (54%), appassionati di cibo e cucina e con una maggiore propensione all’acquisto di cibo di qualità.
In Italia il “foodie” trova ampia soddisfazione: da nord a sud, il Belpaese è ricco di eventi e sagre enogastronomiche in ogni stagione. Del resto, quale luogo migliore di espressione se non l’Italia?