La Meraviglia del Viaggio nel Paesaggio Italiano
Il viaggio è un’arte quanto il turista riesce a scoprire, i particolari del luogo, come se avesse una lanterna per vedere di giorno.
Occorre saper viaggiare ma, anche, saper accogliere o, meglio, saper attendere gli ospiti con “atmosfere di cortesia” diffuse.
Accogliere é un valore “sacro”, uno stile di vita, e la qualità non dipende solo da coloro che operano nei settori turistici.
La qualità, che diviene fabbrica di ricordi, arriva quando tutti i residenti, tutti, sono consapevoli e sensibili alle identità locali.
Questo passo, diventare più consapevoli, è decisivo per valorizzare una località, oltre effimeri eventi o la fragile multimedialità.
Malgrado, su YouTube, siano visti 5 milioni di video, al minuto, il 60% sceglie la meta per il racconto fisico-social di conoscenti.
Quando si promuove un luogo ricordiamoci che le attività Internet sono utili nel breve ma, dopo 2-3 giorni, perdono l’incisività.
Investire più in formazione, per operatori turistici e residenti, crea, nel medio-lungo periodo, più passa-parola e solidi risultati.
Un piano, per valorizzare una località, in ambito turistico, dovrebbe prevedere il 15% almeno, delle risorse, in formazione.
Stiamo vivendo il tempo delle instabilità e in queste fasi dobbiamo toglierci i pesi per essere più flessibili e adattarci al nuovo.
Questo vale per attività, persone e anche nel turismo, dove gli ospiti si attendono più sobria autenticità e offerte su misura.
Infatti, la parola turismo si declina con la “i”, in turismi, e quella “i” significa che ogni ospite è unico e va preso per mano.
In prospettiva il piccolo locale, autentico, per esperienze “uniche”, in luoghi minori, con più spazi aperti, sarà il “nuovo lusso”.
Il paesaggio culturale italiano è a “tiratura limitata”, nel senso del non ripetibile, del sempre diverso fra opportunità e fragilità.
Un paesaggio meraviglioso che dilaga, con il grande bene culturale, o la piazza, che si ripete, in centri minori, con pari valore.
Ricordo i 22.000 centri storici, cesellati in luoghi che sembrano, per la loro bellezza, il riflesso, in terra, dell’energia celeste.
Sono loro, i piccoli centri, raccordati dagli 8.000 km di cammini, storico-ambientali, l’antico che si eleva nel viaggio moderno.
Valorizzare i piccoli centri, per residenti e ospiti, significa andare oltre il restauro e le transizioni sostenibili “verdi e digitali”.
Per dare valore ai piccoli luoghi, direi per conservarne l’anima, occorre “tutelare” i servizi per la vita quotidiana dei residenti.
Il profumo che esce dall’antica panetteria o i colori di una bottega artigianale sono: vita per i residenti e attrattiva turistica.
Un luogo turistico è, soprattutto, un luogo ben pianificato per i residenti, altrimenti si ledono: armonia, atmosfere e identità.
Questo vale anche per il nostro paesaggio che si deve modificare, per le esigenze di chi vi abita, ma tutelandone i segni locali.
Le linee del territorio, le alberature, i tipi edilizi, i materiali, le coltivazioni: sono la “tavolozza” per disegnare i nuovi volumi.
Questo non significa voler limitare i gesti d’architettura, ma renderli coerenti con i valori materiali e immateriali della storia.
Quelle tratteggiate sono le azioni nodali per un luogo che vuole passare “dai turisti ai viaggiatori”, oltre il turismo estrattivo.
L’industria dell’ospitalità è importante, e già ora vi lavorano 1-2 addetti su 10, ma il nuovo orizzonte è l’ospitalità più diffusa.
Penso a mete ove i viaggiatori non devono essere più del 15%, dei residenti, in modo da farli sentire avvolti in atmosfere locali.
Saranno molti più a sognare le vacanze in mete come fossero “isole felici e sicure”, meno di massa, e per percorrere itinerari.
L’Italia include 5.000 musei, di cui 1.000 sono ecclesiastici, ma il 30% dei visitatori si concentrano in soltanto 20 poli museali.
Così come il 50% della spesa turistica, che arriva dall’estero, si “polarizza” in poche città italiane e nelle zone del centro nord.
Chissà se riusciremo a scoprire le 100.000 chiese, le 30.000 dimore storiche, i 7.000 fra torri e castelli o i 6.000 teatri italiani.
La “meraviglia del viaggio” nel paesaggio italiano é infinita, lungo i mari o nelle 800 isole, fra marine e lacustri, il 10% abitate.
E poi c’è il vento, sì proprio lui, dal sud al nord della penisola, che, insieme al clima, ci dona 7.000 tipicità nell’agroalimentare.
Spesso si eleva la domanda di come questa mirabile eredità possa essere tutelata, e sviluppata, in valori e nuove opportunità.
Questo in un tempo d’instabilità, sanitarie e geopolitiche, dove, oltre ai viaggiatori, il 30% vorrebbe vivere nei piccoli luoghi.
Non ci sarà mai una risposta, come non ci saranno esperti che, seguendo il “tutto e subito”, troveranno soluzioni immediate.
Stiamo sul “ponte della storia” che ci farà traguardare la complessità dove il piccolo evento, pur lontano da noi, ci influenzerà.
Le modalità socio-economiche, del 2019, non torneranno e saremo, con gradualità intermittente, delineati su nuovi modelli.
Modelli che ripartiranno del piccolo, molto locale, che viene ottimizzato, raccontato, replicato e connesso a “rete intelligente”.
Un percorso opposto all’idea che il grande progetto, o l’incontro fra Stati, pur utile, sia decisivo: si riparte dall’anima locale.
I nuovi valori dell’ospitalità si eleveranno dalle comunità e dai, quasi, 8.000 Comuni con “piani turistico-culturali” sostenibili.
Strumenti condivisi, fra pubblico, privati e associazioni, per pianificare solo le: azioni essenziali, risorse e misuratori di risultati.
In Italia il 12% dei comuni applica la tassa di soggiorno. Lasciando a chi amministra il compito di decidere é fondante un punto.
Le risorse di questa tassa, da uniformare in area nazionale, si devono dedicare solo alle azioni già previste dal piano turistico.
La cito come un’etica dell’ospitalità dove il viaggiatore, dando una risorsa, la vede utilizzata solo per i valori di cui beneficia.
Ora “volate via con me”… con lo sguardo rivolto alle tante torri civiche, campanili e con il nobile valore di “mettere insieme”.
Mettere insieme persone, città e comunità sta diventando una nuova materia prima: per obiettivi ideali, strategici e operativi.
Il paesaggio italiano, tanto sognato, nasce dal “mettere insieme mani” che coltivano, costruiscono, innovano e donano dignità.
Vendere turismo con Internet, migliorando il portale www.italia.it, significherebbe un aumento delle potenzialità di oltre il 20%.
Ciò vale anche nei siti Internet molecolari, delle singole attività o località. Solo il 25% acclude contenti ben adeguati a Internet.
Se vogliamo promuovere attività turistiche su Instagram, le fotografie e i testi devono avere specifiche adeguate per tale Social.
Attenzione! Per esistere in multimedialità servono molte traduzioni: con solo italiano e inglese siamo al 50% del mondo Internet.
Comunque evitiamo l’eccesso tecnologico, nei musei o mostre d’arte: tali strumenti devono solo aggiungere ma non sostituire.
Perché un’opera d’arte, sperando che sia catalogata e ben conservata, deve parlare con l’energia fisica, quasi da accarezzare.
Questo racconto sul viaggio in Italia oscilla fra le tentazioni tecnologiche e l’idea che il “nuovo” sarà un’accoglienza umanistica.
Prodotti e servizi, anche per i viaggiatori, torneranno al “su misura” che dà valore al mettersi in ascolto, al piccolo e all’unico.
Abbiamo spesso evocato, in Italia, la poca presenza di catene alberghiere (al 5-10%) mentre ora ritorna il familiare di qualità.
L’accoglienza in piccoli alberghi, ricercati, adesso, dalle catene alberghiere, ha fatto la “vera storia” dei viaggi turistici italiani.
Dai libri del “Viaggio in Italia”, del 1816, al Giubileo del 1950 e sino alle prospettive del 2050 verso una robotica improbabile.
Penso al valore dei 5 milioni di Posti Letto in Italia (55 % in extralberghiero) ottenuti, anche, dalle “case ampliate in alberghi”.
Così come i 330.000, fra bar e ristoranti, per “l’arte di mangiar bene”: sono il buon gusto atteso, ora, dall’80% dei viaggiatori.
Viaggiatori che non voglio solo gustare ma, un terzo, sperano di visitare i luoghi delle produzioni agroalimentari culle d’identità.
E come non celebrare i 7.000 stabilimenti balneari, lungo 8.000 km di coste, da cui nasce il rito sociale della vacanza estiva.
Forse quel difetto, di non essere mai stati una totale “industria dell’ospitalità”, oggi ci ha più tutelati dal “turismo estrattivo”.
In questo nuovo mondo cambierà il modo di misurare il turismo, ora a percentuali, in più o in meno, rispetto all’anno prima.
Conteranno, di più, i “valori creativi” che i viaggiatori lasceranno, senza consumare i luoghi, con qualità e armonia sostenibile.
Ora proviamo a volare più in alto, come le 300 “varietà di farfalle” presenti in Italia, verso la “geopolitica dei beni culturali”.
Siamo alla fine del 1945, in un tempo oggi attuale, e si voleva agire nell’animo delle persone per la pace: nasce così l’UNESCO.
L’Agenzia delle Nazioni Unite per attività nell’Educazione, la Scienza e la Cultura. A oggi ne fanno parte ben 195 Stati membri.
Nel 1972 viene “adottata” la Convezione per la protezione del patrimonio culturale e naturale: sono, oggi, 1154 i Siti UNESCO.
I Siti UNESCO, l’Italia è al primo posto con 58 luoghi, sono una “carta d’identità del mondo” per i valori materiali e “ideali”.
Sono le comunità locali ad elevare i propri “beni comuni” a patrimonio mondiale per unicità eccezionale, autenticità, integrità.
Alla base c’è la “consapevole volontà” per dare “più valore”, ad un bene culturale, e farne il perno d’eredità e sviluppo futuro.
Per candidarsi a Sito UNESCO si elabora un Dossier (formulario) e il Piano di Gestione. La stesura tecnica impegna circa due anni.
Poi, la procedura internazionale prevede tre anni di percorso: il cammino è lungo e complesso ma vale come il titolo UNESCO.
Infatti, durante una candidatura ci si mette insieme con visione strategica definendo: progetti, risorse e misuratori dei risultati.
In 50 anni sono state attivate numerose Convenzioni. Cito le “8 Liste” dell’UNESCO “principali” sulle meraviglie dell’umanità.
Beni culturali-naturali, i beni immateriali, la biosfera, documentali, geoparchi, città inclusive, creative e tese alla formazione.
Immaginateli, per un attimo, come punti del pianeta terra, “fari del bello e bene”, con le differenti “identità per il dialogo”.
Ora li sto contando, non è facile perché le Liste si modificano speso, ma, nel mondo, ci sono 4.230 Siti-Elementi: 141 in Italia.
Abbiamo molto ma “non il 70% dei beni”, come si dice. L’Italia, lo 0.1% delle “terre emerse”, acclude il 3-4% dei Siti UNESCO.
Ora, questo viaggio sarà un po’ rovinato!
D’altronde nei labirinti si sbaglia strada, si torna indietro… per poi andare più avanti.
Nell’ultimo secolo abbiamo progredito in tecnologia, ma poco in etica: ci ritroviamo 4 atomiche per ciascuna tutela UNESCO.
Lo Scudo Blu (1954), il segnale che indica i beni in pericolo da conflitti, e i Caschi Blu della Cultura (2015) tornano molto attuali.
Le soluzioni sono sempre “definitivamente provvisorie”. E dal 2020 molte attività nel turismo, il 60%, stanno vivendo difficoltà.
Ciò che era acquisito, i turisti dall’estero, non è scontato. Le presenze straniere, ora molto diminuite, erano il 50% del totale.
La Pandemia, non declinata, con gli effetti dei conflitti bellici, amplia il “disordine” e torneremo a “stabilità” forse nel 2024-25.
I viaggiatori italiani in Italia, per scoprire il loro Paese (in Italia ogni 4 km di strade c’è una “cosa da vedere”), sono la risorsa.
Privilegio i “piccoli eventi ben diffusi” ma Giubileo 2025, Olimpiadi invernali 2026 e Giubileo 2033, saranno opportunità utili.
Il paesaggio italiano é “senza limiti” dove città e paesi dialogano con edifici isolati, aree agricole, produttive e beni culturali.
Questa “unicità paesaggistica”, puntando sulla qualità locale, che esiste solo lì, sarà il nuovo, ma antico, atteso dai viaggiatori.
Penso alla cura di zone verdi, “fra” ambiti di territorio diversi; alla qualità di piazze e luoghi socio-culturali “fra” edifici vicini.
Un’urbanistica per le persone, che sviluppi l’albergo diffuso (fra edifici diversi, di uno stesso borgo) e più itinerari nel paesaggio.
Peraltro, l’Italia, dal Medioevo, è nodo dei cammini d’Europa: fra Roma, Terra Santa, Via Francigena e Santiago di Compostela.
Insomma, abbiano 6.000 km di piste da sci, 250 parchi tematici e 300 campi da golf, ma “resiste” l’anima dell’antico viaggio.
É l’accoglienza familiare fatta dal milione di camere, il 50% in alberghi piccoli a tre stelle, da migliorare ma, di nuovo, attuali.
Ricordo, nel 1993, i primi corsi universitari turistici, oggi più di cento; adesso servono esperti per unire gli aspetti turistici locali.
La parola “ricordo” ci accompagna verso la fine del viaggio, forse un “discorso sul turismo”, più umilmente solo un dialogo.
Tutto si “smaterializza”, ogni cosa diventa più flessibile e sottile sino agli ologrammi.
Ma ancora il taccuino di viaggio “resiste”. Si, quello di carta, capace di cristallizzare i ricordi e “ricrearli”, dopo un viaggio.
É il senso di un turismo “passaporto di pace”.
Perché a viaggio finito, quando chiudiamo la finestra, ciò che rimane è il “limite”, il confine fra i luoghi visti e l’infinito, oltre.
La vera meta è continuare a viaggiare, fra cammino quotidiano e sguardo alla “gloria celeste”, per ricolmare… di vita la vita.