Turismi

Overtourism in Italia e chiacchiere da bar: realtà o strumentalizzazione?

Negli ultimi anni, il termine “overtourism” è diventato una parola d’ordine nei dibattiti pubblici e sui media. Viene spesso utilizzato per descrivere situazioni di sovraffollamento turistico in destinazioni iconiche come Venezia, Firenze o le Cinque Terre.

Questo fenomeno, che si riferisce all’afflusso eccessivo di turisti in determinate località, è stato indicato come una delle principali sfide per il futuro del turismo in Italia. Tuttavia, dietro questa narrativa apparentemente nuova e urgente, si nasconde una realtà molto più complessa e stratificata.

In molti casi, il tema dell’overtourism viene semplificato e trattato superficialmente, diventando più una “chiacchiera da bar” che una reale analisi delle problematiche legate alla gestione e alla governance del turismo.

Questo approccio riduttivo non solo rischia di travisare la natura del problema, ma può anche essere strumentalizzato da vari attori per promuovere specifiche agende politiche o economiche.

Questo articolo si propone di andare oltre le superficialità del dibattito corrente, offrendo una visione critica del fenomeno dell’overtourism in Italia.

Analizzeremo le vere sfide che il settore turistico deve affrontare, come la gestione della capacità di carico delle destinazioni e l’evoluzione delle modalità di viaggio post-Covid. Esporeremo anche come certe narrative possano essere utilizzate per giustificare regolamentazioni controverse, come quelle sugli affitti brevi.

Solo attraverso una comprensione approfondita di questi temi sarà possibile sviluppare soluzioni efficaci e sostenibili per il futuro del turismo nel nostro paese.

Cos’è l’Overtourism?

Il termine “overtourism” è relativamente recente, ma il concetto che rappresenta ha radici più profonde. Esso descrive una situazione in cui il numero di turisti in una determinata destinazione supera la capacità del luogo di gestire tale afflusso senza compromettere l’esperienza turistica, la qualità della vita dei residenti e l’integrità ambientale o culturale.

Questo fenomeno è diventato particolarmente evidente in destinazioni iconiche dove le infrastrutture esistenti non sono più sufficienti per supportare la massa di visitatori. Ciò comporta problemi come il sovraffollamento, l’erosione della qualità della vita e, in alcuni casi, la degradazione del patrimonio culturale e naturale.

Tuttavia, è importante riconoscere che il concetto di “carring capacity” (capacità di carico) non è una novità. Da decenni, studiosi e professionisti del turismo discutono su come bilanciare il numero di visitatori con le capacità delle destinazioni di accoglierli in modo sostenibile.

Ciò che è cambiato oggi è la maggiore consapevolezza pubblica e mediatica di questi problemi, che ha portato alla diffusione del termine overtourism come simbolo di una crisi del turismo contemporaneo.

Un esempio emblematico di overtourism in Italia è rappresentato da Venezia. La città lagunare è diventata un caso paradigmatico di come un flusso turistico incontrollato possa minacciare non solo l’integrità fisica del luogo, ma anche la vita quotidiana dei suoi abitanti.

Tuttavia, è fondamentale distinguere tra overtourism reale e percepito. In alcuni casi, infatti, il dibattito pubblico tende a esagerare la portata del problema, trascurando soluzioni che potrebbero mitigare gli impatti negativi senza ricorrere a misure drastiche o controverse.

L’overtourism, quindi, non è solo una questione di numeri, ma anche di percezioni, narrative e, soprattutto, di gestione. Riconoscere questa complessità è il primo passo per affrontare il fenomeno in maniera efficace e sostenibile.

Il ruolo del Post-Covid nell’accentuare il fenomeno

La pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto profondo e duraturo su molti settori, e il turismo non fa eccezione. Se da un lato il blocco globale dei viaggi ha temporaneamente alleviato i problemi legati all’overtourism, dall’altro ha anche innescato cambiamenti significativi nei comportamenti dei viaggiatori che hanno contribuito a esacerbare il fenomeno in alcune destinazioni.

Uno dei principali effetti del post-Covid è stato l’emergere del cosiddetto “revenge travel“, un fenomeno in cui le persone, dopo mesi di restrizioni, hanno manifestato un forte desiderio di viaggiare, spesso concentrando i loro spostamenti in periodi brevi e su destinazioni specifiche.

Questo ha portato a una ripresa rapida e intensa del turismo in molte località, soprattutto nelle città d’arte italiane, che si sono ritrovate nuovamente sotto pressione, a volte in modo ancora più marcato rispetto a prima della pandemia.

Inoltre, la pandemia ha incentivato forme di turismo di prossimità, con un aumento di viaggi verso destinazioni vicine, accessibili e spesso già sovraffollate.

Questo spostamento dei flussi turistici ha fatto sì che alcune aree che in passato non erano particolarmente interessate dal fenomeno dell’overtourism diventassero improvvisamente sovraffollate. Il caso delle Cinque Terre, che hanno visto un incremento esponenziale di visitatori provenienti dall’Italia stessa, ne è un esempio lampante.

Un altro elemento chiave del post-Covid è il dibattito sugli affitti brevi, che è diventato particolarmente acceso in questo contesto. La crescita delle piattaforme di home-sharing e l’aumento della domanda di alloggi alternativi agli hotel tradizionali sono spesso additati come una delle cause principali dell’overtourism.

Tuttavia, questa visione rischia di semplificare troppo la questione, ignorando la complessità del fenomeno e le sue radici più profonde, che risiedono nella mancanza di una pianificazione strategica e di una gestione integrata del turismo.

In sintesi, la pandemia ha accelerato alcune dinamiche già in atto, facendo emergere con maggiore forza le criticità legate all’overtourism. Tuttavia, per affrontare realmente il problema, è necessario andare oltre le soluzioni semplicistiche e considerare l’intero ecosistema turistico, dalle infrastrutture alla regolamentazione, fino alla capacità delle destinazioni di adattarsi ai cambiamenti del mercato.

Le strumentalizzazioni nel dibattito sull’Overtourism

Il tema dell’overtourism, pur essendo una questione di rilevanza reale per molte destinazioni turistiche, è spesso oggetto di strumentalizzazioni da parte di diversi attori, che lo utilizzano per promuovere agende politiche, economiche o sociali.

Questa tendenza è particolarmente evidente in Italia, dove il dibattito pubblico su argomenti come la regolamentazione degli affitti brevi o la gestione del patrimonio culturale è spesso polarizzato e influenzato da interessi specifici.

Un esempio emblematico di questa strumentalizzazione è il dibattito sugli affitti brevi, che viene frequentemente indicato come uno dei principali fattori che contribuiscono all’overtourism.

Alcuni politici e gruppi di interesse hanno sfruttato la crescente preoccupazione per l’overtourism per giustificare normative più restrittive sugli affitti turistici, sostenendo che queste misure siano necessarie per ridurre il numero di turisti e alleviare la pressione sulle città.

Tuttavia, questa narrazione non sempre riflette la complessità della situazione. Se da un lato è innegabile che l’espansione degli affitti brevi abbia cambiato il volto di molte città, dall’altro è altrettanto vero che la questione richiede una risposta più articolata che consideri anche altri fattori, come la pianificazione urbanistica, la gestione delle infrastrutture e l’offerta di alloggi a prezzi accessibili per i residenti.

I media, dal canto loro, giocano un ruolo significativo nella diffusione di questa narrativa semplificata. Spesso, le notizie sull’overtourism si concentrano su immagini e racconti sensazionalistici, enfatizzando il problema senza offrire un’analisi approfondita delle sue cause e possibili soluzioni.

Questo tipo di copertura mediatica non solo alimenta il panico e la percezione che l’overtourism sia una crisi insormontabile, ma può anche distogliere l’attenzione da interventi più pragmatici e sostenibili.

Inoltre, c’è chi utilizza il tema dell’overtourism per spingere un’agenda anti-turismo. Significa promuovere politiche che rischiano di danneggiare l’intero settore, senza realmente risolvere i problemi sottostanti. In alcuni casi, le proposte di limitare drasticamente il numero di turisti o di imporre tasse elevate sui visitatori rischiano di penalizzare sia l’economia locale che la competitività delle destinazioni italiane sul mercato internazionale.

Per evitare che il dibattito sull’overtourism diventi terreno fertile per strumentalizzazioni, è essenziale promuovere una discussione più informata e bilanciata.

Solo attraverso un confronto aperto e basato su dati concreti sarà possibile individuare soluzioni realie. Tenendo conto delle esigenze di tutti gli stakeholders coinvolti, dai residenti ai turisti, dagli operatori economici alle autorità locali.

Gestione e Governance del turismo: sfide reali

Affrontare efficacemente il fenomeno dell’overtourism richiede molto più che semplici misure restrittive o campagne mediatiche. Implica una gestione e una governance del turismo che siano lungimiranti, integrate e basate su una solida comprensione delle dinamiche del settore.

Le vere sfide che le destinazioni turistiche devono affrontare riguardano la capacità di sviluppare strategie sostenibili. Strategie in grado di bilanciare gli interessi economici con la protezione del patrimonio culturale, la qualità della vita dei residenti e la soddisfazione dei visitatori.

Uno degli aspetti fondamentali di una buona governance del turismo è la pianificazione a lungo termine. Le destinazioni che hanno saputo anticipare e gestire i flussi turistici in maniera efficace, come Amsterdam, hanno investito in infrastrutture adeguate. Inoltre, hanno sviluppato sistemi di trasporto efficienti e politiche di controllo dei flussi turistici.

Queste città hanno dimostrato che è possibile accogliere un gran numero di visitatori senza compromettere l’integrità del luogo o la qualità della vita dei residenti. Ciò è possibile attraverso una pianificazione attenta e una gestione flessibile delle risorse.

In Italia, un esempio positivo può essere trovato nelle Dolomiti, dove è stato implementato un sistema di gestione dei flussi turistici. Questo metodo prevede l’uso di prenotazioni obbligatorie per l’accesso ad alcune aree particolarmente fragili. Inoltre, prevede un sistema di trasporti che riduce l’impatto ambientale.

Questo approccio ha permesso di ridurre l’afflusso di turisti nelle aree più vulnerabili. Così facendo, si è protetto l’ambiente naturale e si è garantita un’esperienza di alta qualità per i visitatori.

Un’altra sfida cruciale riguarda la “carring capacity”, ovvero la capacità di carico delle destinazioni. Questo concetto si riferisce al numero massimo di visitatori che un luogo può ospitare senza subire danni irreparabili o compromettere l’esperienza turistica.

Tuttavia, la determinazione di questa soglia non è semplice e richiede uno studio approfondito delle specificità di ogni destinazione. Bisogna tener conto di fattori come l’infrastruttura esistente, la densità abitativa e le caratteristiche ambientali. Una gestione consapevole della “carring capacity” permette di evitare il sovraffollamento e di preservare il patrimonio culturale e naturale per le generazioni future.

Infine, è essenziale che le politiche di gestione del turismo siano sviluppate e implementate in collaborazione con tutti gli stakeholders coinvolti. Coinvolgere le comunità locali, gli operatori turistici, i governi locali e i visitatori stessi nel processo decisionale è fondamentale per assicurare che le soluzioni adottate siano accettabili e sostenibili nel lungo termine.

Questo approccio partecipativo garantisce che le misure adottate rispondano realmente alle esigenze e alle aspettative di tutti. Inoltre, riduce il rischio di conflitti e migliora la coesione sociale.

Punto di vista degli operatori del settore

Mentre il dibattito sull’overtourism si concentra spesso sugli impatti negativi del turismo e sulle necessità di regolamentare i flussi turistici, il punto di vista degli operatori del settore ricettivo, del travel, dei trasporti e della ristorazione, viene spesso trascurato.

Questi attori, che sono il cuore pulsante dell’industria turistica, si trovano a fronteggiare sfide quotidiane che vanno ben oltre il problema del sovraffollamento. La loro principale preoccupazione è la sostenibilità economica delle loro attività, che richiede un costante afflusso di turisti per garantire la sopravvivenza delle imprese.

Gli operatori del settore ospitalità, ad esempio, devono affrontare una concorrenza sempre più intensa, sia a livello nazionale che internazionale. Negli ultimi anni, ingenti risorse sono state investite per promuovere le destinazioni italiane, attrarre nuovi visitatori e prolungare la stagionalità turistica.

Questo sforzo ha portato risultati concreti, ma ha anche creato aspettative elevate tra gli imprenditori del settore. Questi devono fare i conti con margini di profitto sempre più ridotti e con la necessità di riempire le proprie strutture per tutto l’anno. In questo contesto, parlare di ridurre i flussi turistici o imporre restrizioni può apparire in netto contrasto con le esigenze di un mercato che, fino a poco tempo fa, cercava disperatamente di attrarre più visitatori possibile.

Il settore della ristorazione e dei trasporti si trova in una situazione simile. Questi operatori hanno investito per anni nella crescita della propria offerta, migliorando servizi e infrastrutture per accogliere un numero sempre maggiore di turisti. Per loro, la presenza di un gran numero di visitatori non è solo una questione di business, ma una necessità vitale. Ridurre i flussi turistici significherebbe mettere a rischio posti di lavoro e, in alcuni casi, la stessa sopravvivenza delle imprese.

Inoltre, va considerato che il concetto di overtourism, spesso invocato nelle discussioni pubbliche, si scontra con la realtà economica di molte destinazioni. Queste, senza un afflusso costante di turisti, rischiano di entrare in crisi. Per anni, gli sforzi del marketing territoriale si sono concentrati sull’aumento della visibilità delle destinazioni italiane all’estero e sull’attrazione di nuovi mercati.

Ora il turismo sembra essere tornato ai livelli pre-pandemia, se non superiori. Quindi, sollevare critiche legate all’overtourism può sembrare contraddittorio e frustrante per chi, da anni, lavora duramente per costruire un’offerta turistica competitiva.

Questa tensione tra le esigenze del mercato e le preoccupazioni legate all’overtourism evidenzia la necessità di trovare un equilibrio tra la sostenibilità economica e quella ambientale e sociale.

Gli operatori del settore non possono essere esclusi dal dibattito sulla gestione del turismo. Al contrario, devono essere coinvolti attivamente nella ricerca di soluzioni che siano vantaggiose per tutti.

Questo significa sviluppare strategie che non solo proteggano le destinazioni, ma che garantiscano anche la prosperità economica delle imprese che vi operano. Solo così sarà possibile conciliare le esigenze di un turismo sostenibile con quelle di un mercato turistico che continua a essere una delle principali fonti di reddito per molte comunità italiane.