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Pescaturismo e ittiturismo in crescita

E’ destinato a crescere di un ulteriore 3%, secondo il Centro Studi di Lega Pesca, il pescaturismo (escursioni giornaliere) e l’ittiturismo (alloggio e ristorazione), le due forme di turismo “blu” che vedono protagonisti i pescatori e le tradizioni marinare del nostro Paese, insieme alle tecniche di pesca legate al multiforme universo dei più di 40 diversi attrezzi in uso nelle marinerie italiane e ai sapori più genuini del centinaio di specie meno conosciute ma non meno prelibate del pescato locale.

Lo scorso anno il turismo legato alla pesca ha registrato circa 200.000 presenze lungo gli 8.000 km delle coste italiane e nei territori delle acque interne, dove è attiva la flotta delle circa 14. 000 imbarcazioni da pesca italiane con oltre 30.000 imbarcati. Per il 2008, la lieve crescita attesa delle presenze è tutto sommato un successo, soprattutto considerate le difficoltà in cui versano le altre tipologie di offerta. Non si rinuncia, insomma, al fascino di una gita in barca insieme ai pescatori, magari alla scoperta di calette nascoste,  e soprattutto all’emozione  ancestrale della cattura: una forma di turismo a contatto con la natura e, perché no, anche romantica.

Molte le novità di quest’anno – spiega Ettore Ianì, presidente della Lega Pesca – soprattutto sul fronte della qualità, con le prime certificazioni ottenute dagli ittiturismi sardi nel circuito del marchio ISNART “Ospitalità italiana”, e della crescente attenzione degli operatori del settore ittico ad ampliare l’offerta diretta  di ristorazione agli appassionati di prodotti ittici.  Una attenzione che si manifesta sia con l’apertura di ristoranti gestiti direttamente dalle cooperative di pesca (in Liguria, a Bergeggi,  in Calabria, a Capo Rizzuto e Tropea, nelle Marche, a Fano, in Emilia Romagna, a Cesenatico, nel Lazio, sul Tevere,  in Sardegna, a Cabras, Porto Torres, Sant’Antioco  e Stintino) che con l’avvio di forme di collaborazione tra pescatori e stabilimenti balneari, come quelle decollate nell’area turistica di Portorosa a Messina, continua Ianì, presidente  dell’Associazione che alla fine degli anni ’90 ha dato primo impulso a queste forme di diversificazione del reddito dei pescatori, sia come strumento di riduzione dello sforzo di pesca che come attività di valorizzazione delle risorse ambientali, così come della cultura, dei saperi e dei sapori dell’Italia marinara.

A distanza di dieci anni, segnala il Centro Studi di Lega Pesca, le autorizzazioni rilasciate sono oltre 1400, essendo passati dalle 147 del 1997, alle 336 del 2000 alle 873 del 2003. Segno di una crescita che auspichiamo costante, anche a giudicare dall’interesse con cui gli altri Paesi mediterranei, soprattutto la Spagna, guardano all’esperienza italiana, che costituisce ancora un modello ineguagliato in Europa.

Lega Pesca, che ha all’attivo anche diversi progetti transnazionali sulle opportunità che il pescaturismo offre nella valorizzazione delle Aree Marine Protette, vanta quest’anno un lungo ed articolato elenco  di circa 70 località lungo le coste italiane dove i turisti potranno affidarsi alla esperta guida dei pescatori per una esperienza a 360° della cultura marinara. Dalla penisola sorrentina alle lagune venete al delta del Po, dalle isole Eolie all’arcipelago Toscano, nelle Aree Marine Protette sarde, come lungo le affascinanti coste liguri, ogni luogo racconta una storia diversa, fatta di sapori locali, sistemi di pesca tradizionali, tecniche e gesti antichi che si rinnovano immutati nel tempo. Il costo è variabile, dai 10euro per una semplice uscita in mare ai 60 euro,  se si sceglie di accompagnare l’escursione con un pasto a bordo a base del pescato di giornata unito ad una degustazione dei prodotti tipici locali.

Non solo natura, storia e tradizioni, ma anche la scoperta di nuove specie da aggiungere alla lista della spesa una volta tornati a casa, come le boghe, le sciabole, gli zerri, i mustelli, i sugarelli, le alaccie, le argentine, poco conosciute, ma gustose ed oltretutto convenienti. Un modo  per valorizzare le produzioni locali, diversificare i consumi e contrastare il predominio delle importazioni, che costano una spesa sui mercati esteri di circa 10 milioni di euro al giorno.