Revenue Management

Revenue Focus – Buone Recinzioni fanno buone… prenotazioni – 1^ parte

Bentornati alla nostra rubrica Revenue Focus. Durante le mie agognate vacanze estive mi è capitato di assistere, alla reception di un albergo, ad una scena vista chissà quante altre volte. Ha catturato la mia attenzione non so per quale motivo, fatto sta che mi ha indotto a fare delle riflessioni e spinto a scrivere questo articolo. N.B. non ho sbagliato a scrivere o voi a leggere; tranquilli, non parliamo di recensioni ma di recinzioni.

Dunque mi trovavo, come detto, al front desk di un hotel a Roma, erano le prime ore della sera e vedo entrare, uno dopo l’altro, tre distinti signori (sicuramente clienti business) ed avvicinarsi al banco per il consueto check-in. Solita procedura, documenti, tessera della camera e si dirigono poi all’ascensore. Nell’attesa, uno dei tre tira fuori l’argomento della tariffa chiedendo agli altri quanto hanno pagato (dall’atteggiamento ho pensato si conoscessero già).

Il primo interpellato dice di aver pagato una tariffa di 25 euro superiore a quella pagata da chi gli ha rivolto la domanda, il secondo, dandosi delle arie da macho, riferisce agli altri due di aver pagato meno di entrambi, pur avendo tutti quanti prenotato la stessa tipologia di camera lo stesso giorno. Nel frattempo arriva l’ascensore e i tre, continuando nei loro discorsi vi entrano per salire al piano.

Curioso di sapere che tipo di approccio di Revenue Management segue l’albergo, chiedo al receptionist il quale mi fa: “Revue … (proprio così) cosa ? No guardi quei tre è da un po’ che vengono da noi e ogni volta fanno a gara a chi spunta la tariffa migliore, lamentandosi della qualità del servizio della volta precedente. Ma alla fine sempre qui vengono!”. Quindi nessuna differenziazione di prezzo in base alla loro willingness to pay o willingness to stay, ma solo e semplice negoziazione.

Il vizio del discounting

Ci si potrebbe aspettare che nell’industria dell’ospitalità le norme che regolano il discounting siano ben strutturate e formalizzate, ma spesso (molto spesso) non è così. Anche nelle catene alberghiere d’altronde, frequentemente non c’è una metodologia per determinare come e in che modo gli sconti devono essere applicati alla clientela. La sola regola che vige è: non scendere al di sotto del costo camera.

Questo tutto sommato può avere un senso logico lato albergatore, ma lato cliente lascia pensare che alla fine basta essere bravi a negoziare la tariffa. Non sono rari i casi in cui gli impiegati alla reception rispondono ad una richiesta di prenotazione con una tariffa, e dopo vari batti e ribatti la telefonata si conclude con “ok, la prendo” da parte del cliente e il receptionist inserisce la tariffa concordata, di norma dal 20% al 40% più bassa della tariffa di partenza.

Molte variabili influenzano la decisione di acquisto di una camera di albergo, e il prezzo non è che una di queste e in taluni casi nemmeno la più importante. Ora, è chiaro che nessuno vorrebbe fare sconti, ma spesso vi si è costretti per massimizzare le entrate cercando di intercettare le richieste di quella clientela price sensitive.

Inoltre la persistente crisi economica sta spingendo ancora di più al ribasso le tariffe medie per effetto di negoziazioni sempre più aggressive. Ma il danno peggiore lo subiscono l’immagine e il posizionamento dell’hotel presso i propri clienti, i quali non riescono a percepire il reale valore della struttura rilevando un pericoloso difetto di coerenza.

Pricing revenue-oriented

Naturalmente la questione pricing assume nel Revenue Management un’importanza fondamentale. Ma come affrontarla?
Ricordiamo che le condizioni per trarre vantaggio da una gestione revenue-oriented sono:
– Bassi costi variabili;
– Costi fissi elevati;
– Inventario deperibile e non flessibile;
– Domanda variabile nel tempo;
– Possibilità di prevedere stocasticamente la domanda;
– Possibilità di segmentare i clienti sulla base delle loro diverse esigenze, comportamenti, willingness to pay.

Di tutte queste, l’ultima è la più importante ma anche la più difficile da sfruttare. Per massimizzare i ricavi si dovrebbero separare i clienti in segmenti e creare per loro diverse tariffe in base alle loro esigenze e comportamenti. È essenziale però non solo segmentare il mercato, ma anche tenerlo segmentato.

Cioè la politica di delineazione della struttura tariffaria dovrebbe permettere di mantenere i diversi segmenti separati tra di loro, al fine di non consentire ai clienti con maggiore disponibilità di accedere alle tariffe scontate pensate per i segmenti maggiormente price-sensitive.

“More tarif is megl che one”

Prendo in prestito una celebre frase in inglese maccheronico di uno spot pubblicitario degli anni novanta per evidenziare l’assioma secondo il quale una strategia tariffaria fondata su un unico prezzo (benché dinamico) rende impossibile la massimizzazione del profitto.

Se si offrisse una sola tariffa per le camere, si otterrebbero solo i ricavi relativi a quelle vendite le cui tariffe sono “compatibili” con la willingness to pay espressa da quella domanda in quel preciso momento. Nell’esempio 50 camere a 70€ cadauna, per un totale di 3.500€.

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Tale impostazione tariffaria lascia sul campo una notevole quantità di ricavo potenziale non sfruttato. Coloro che sarebbero stati disposti a pagare più di 70€ per una camera, avendola invece acquistata per tale cifra hanno causato un ricavo perduto per diluizione tariffaria (triangolo in basso a destra). Quelli che invece avrebbero acquistato a meno di 70€, non avendolo fatto hanno determinato un ricavo perduto per domanda inevasa lasciando unità di inventario non sfruttate (triangolo in alto a sinistra).

All’altro estremo, avendo cioè la possibilità di vendere ogni singola camera al prezzo massimo che ciascun cliente è disposto a pagare (discriminazione tariffaria) avremmo la massimizzazione del ricavo e il completo sfruttamento dei triangoli di ricavo perduto. Ciò è praticamente impossibile da realizzare, significherebbe conoscere l’esatta propensione alla spesa di ogni singolo cliente ed ideare una struttura tariffaria composta da “nc” tariffe.

Un approccio più razionale e sicuramente realizzabile è mostrato nella immagine seguente. I clienti vengono divisi in segmenti in base al valore percepito e quindi attribuito al servizio. Per ogni segmento viene proposta una tariffa differente. La chiave di tutto è avere una significativa strategia di segmentazione che differenzi i clienti che sono disposti e in grado di pagare prezzi più elevati, da quelli che sono disposti a modificare il loro comportamento in cambio di un prezzo più basso.

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Come sappiamo il mercato dell’ospitalità è tutt’altro che omogeneo. Gli ospiti hanno una gran varietà di bisogni e comportamenti d’acquisto. Per esempio un viaggiatore leisure può essere flessibile sulla posizione esatta della struttura e sulla tempistica della prenotazione ma sensibile al prezzo e in grado di programmare le date con largo anticipo.

Un business traveler di solito è sensibile al livello di qualità dei servizi; per lui la destinazione e in particolare la posizione della struttura sono fondamentali. È relativamente insensibile al prezzo e prenota di solito con poco anticipo.

Ma ancora, la stessa persona può avere comportamenti ed esigenze diverse colti in diverse occasioni di acquisto. Ecco quindi che la predisposizione di tariffe (e quindi prodotti) diversi consente di soddisfare un pubblico maggiore e vario, realizzando quella che Kotler definisce “cintura di sicurezza”.

Discriminazione tariffaria

Mettiamo ora a confronto tre possibili strategie di pricing con aspetti positivi e negativi per ognuna di loro.

Strategia a tariffa unica. Un primo approccio consiste nell’offrire una tariffa unica per tutto l’inventario disponibile per la clientela “transient” (individuali e non contrattualizzati). Questa tariffa può variare secondo la stagionalità o il giorno della settimana.

Tale approccio è semplice da gestire e facile da spiegare ai clienti. Non richiede sofisticati approcci di Revenue Management. Non riesce però a rispondere efficientemente ai picchi e crolli di domanda e non sfrutta appieno la capacità e/o la volontà di spesa del cliente. Alcune persone pagheranno meno di quello che erano disposti a pagare, mentre altri troveranno la tariffa troppo alta e andranno altrove, lasciando quindi la struttura con unità di inventario inoccupate.

Strategia a tariffe per tipo di camera. Un secondo approccio è quello di impostare tariffe (dinamiche o fisse) differenziate a seconda delle diverse caratteristiche della camera (dimensioni, vista, allestimento, ecc.). Questo è quello attualmente utilizzato da buona parte delle strutture in Italia.

È un sistema facile da gestire e spiegare ai clienti i quali sono coscienti di dover pagare qualcosa in più a fronte di camere più grandi, più comode, ecc. Sicuramente migliora i risultati rispetto alla strategia single-rate, permettendo all’hotel di poter offrire tariffe diverse per lo stesso giorno, realizzando in tal modo maggiori entrate “matchando” le diverse willingness to pay.

Anche tale strategia presta il fianco a qualche effetto collaterale. Certamente non funziona con un hotel con una sola classe di camera (e qui si potrebbe scrivere un libro su quelle strutture che pur avendo camere diverse tra di loro le propongono con un’unica denominazione). Ma anche vendendole sotto diverse tipologie, il ricavo potenziale sarebbe influenzato dal livello di prodotto più che dal livello e qualità della domanda.

Fencing strategy. Il terzo approccio (e con esso arriviamo al cuore dell’argomento)…

Il terzo approccio lo vedremo nel dettaglio la prossima volta. Nel frattempo vorrei rifletteste sul seguente citato, molto pertinente, risalente al 1849 (Danilo Zatta – “Le basi del pricing”):
“Non è a causa della spesa di qualche migliaio di sterline necessarie per dotare le carrozze di un tetto o di comodi sedili, che certe compagnie ferroviarie hanno dei vagoni di terza classe a cielo aperto con dei banchi di legno per i passeggeri.

In realtà esse vogliono impedire ai passeggeri che viaggiano in seconda classe di prendere un biglietto di terza; svantaggiano dunque i poveri passeggeri di terza non perché abbiano qualcosa contro di loro, ma per far paura ai ricchi.

Ed è sempre per la stessa ragione che le compagnie ferroviarie, dopo essersi mostrate crudeli verso i passeggeri di terza classe e insensibili verso quelli di seconda, sono così prodighi verso quelli di prima. Dopo aver rifiutato ai poveri ciò che era necessario, danno ai ricchi anche il superfluo”.