RevPash, il Revenue per la ristorazione: i rischi di una semplificazione interpretativa
Obiettivo di questo articolo è di affrontare il tema del Revenue per la ristorazione, dei suoi indicatori e dei possibili rischi di una semplificazione interpretativa. All’origine, negli anni ’80 del secolo scorso, lo Yield management fu il leit motiv del management delle aziende alberghiere ma nessuno ancora aveva pensato alla ristorazione. Poi, tra la prima e seconda decade di questo, il termine viene rimpiazzato da Revenue e, con successo, riferito al settore camere dell’albergo, mentre qualche timido approccio interpretativo (2005-2008) cominciava a fare capolino nelle migliori università statunitensi per applicarlo all’industria del foodservice.
Ed ecco che anche questa, da un po’ di tempo, comincia a circolare pure da noi, tra tesi di laurea, articoli e persino qualche audace manuale per ristoratori di successo, con variegate soluzioni interpretative della formula di base: RevPash = revenue per available sitting hour (valore dell’incasso medio per coperto disponibile).
Questo il nuovo mantra che sta penetrando il mondo della ristorazione e con esso tutti quelli che, ispirati dal vento dell’Ovest (quello dell’altra sponda atlantica, ma viene anche da più lontano) si spendono a raccontare con qualche eccesso di confidenza quanto valido è questo indicatore di efficienza operativa per capire, appunto, come funziona davvero il nostro ristorante.
Non ancora soddisfatti, alcuni si spingono più in là, non senza qualche giustezza nell’analisi, affermando che sì, il concetto di revenue funziona in tutte quelle situazioni dove non c’è uno stock di magazzino (cinema, parchi divertimenti, altro). Come? Ah, sì, giusto, se una camera d’albergo invenduta è persa per sempre, per similitudine un posto non utilizzato al ristorante significa la stessa cosa. Fin qui non fa una piega.
Revenue per la ristorazione: significato di fondo del RevPash
Peccato che il significato di fondo del RevPash sia quello di misurare prima, per valutare poi, come far salire la curva di incasso (revenue = entrata) medio del ristorante per migliorarne la redditività (obiettivo finale), cioè quanto davvero la gestione operativa tipica sia generatrice di profitto.
Ma qui…cominciano i problemi, quelli veri, quelli che vanno oltre la semplice equazione del copy and paste delle formule che, se funzionano bene oltreoceano, non è detto che facciano la stessa cosa anche da noi. Ma come, nel settore alberghiero delle camere ha funzionato!
Beh, sì, certo, è stato un decennio e oltre mica male e funziona ancora, anche se cominciano a spuntare i primi mea culpa da qualche parte, ma sostanzialmente va. Solo che un piatto in un ristorante non è la stessa cosa di una camera d’albergo. Cooome? E che centra ora lo spaghetto pomodorella e basilico con tutta questa roba? Centra, centra, eccome se centra.
Ci sono, tra le due cose, profonde differenze e apparenti similitudini, ma quel che è peggio, è che il RevPash è una declinazione statunitense dove l’industria del foodservice poggia su dinamiche operative così diverse dalle nostre che un conto è dire ai nostri ristoratori che attraverso questo indicatore si misura una certa cosa, altro è far passare il concetto che basta applicare questa formuletta per risolvere i problemi della profittabilità.
Il Profitto in un Ristorante è conseguenza di molte più altre azioni
Eh sì, perché in fin dei conti l’obiettivo del profitto è la conseguenza di molte più altre azioni che non la semplice elaborazione valoriale dell’incasso medio per coperto disponibile (Revpash) e che per arrivare al risultato finale servono altri e migliori dati gestionali che bypassano quest’ultimo e non necessariamente se ne servono, se non per conferma della curva sopra citata. Oddio, e allora?
Niente più Rev…, come si chiama? Tranquillo!
Riprendiamo a parlare di gestione e facciamoci capire dagli amici ristoratori di cosa hanno davvero bisogno di padroneggiare (management) per fare…REVENUE.
Ma questo lo vediamo nella prossima puntata.