Sai chi è il turista disabile?
Parlare di disabilità in qualsiasi ambito comporta sempre volti sconcertati e molto spesso frasi infelici. Qualche anno fa, mentre tenevo la mia prima lezione sul turismo accessibile in una classe quinta di un istituto alberghiero, feci un gioco. Scrissi sulla lavagna la parola “disabilità” e invitai i ragazzi a dirmi tutte le cose che associavano a quella parola. Vennero fuori stereotipi, pregiudizi e parole dispregiative nei confronti di una condizione, in cui tutti potremmo trovarci e in cui tutti noi ci troveremo un giorno. Perché dico così? Lo scoprirete continuando a leggere.
Chi è il disabile?
Se si parla di disabilità bisogna innanzitutto capire di cosa stiamo parlando. Facciamo un passo indietro a quando ancora la parola “handicap” era di uso comune, più di quanto lo sia adesso.
Il termine deriva da “Cap in the hand”, ovvero cappello in mano, ed era in uso tra i cavalieri migliori che dovevano correre appunto con un cappello in mano. Nel tempo il termine venne associato all’atto dell’elemosinare e così assunse l’accezione negativa che tutti conosciamo.
Negli anni 80 l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce uno strumento per classificare le persone affette da patologie chiamato ICIDH, che analizza e valuta le conseguenze di questa condizione in base a: menomazione, disabilità e handicap. Un documento successivo, l’ICF, sostituisce queste 3 parole con quelle di: funzione, attività e partecipazione.
In pratica i parametri di valutazione di un soggetto si spostano dalla disabilità all’abilità, ovvero alla capacità della persona di partecipare alla vita sociale. Questo è stato un grandioso passo in avanti, perché il limite della partecipazione di una persona non è più dato dalla sua patologia, bensì dall’ambiente circostante e dalle relative barriere che gli impediscono tale partecipazione.
Capite bene che possiamo essere definiti tutti in base a questi elementi, perché ogni singola persona si relaziona all’ambiente che lo circonda. Pensate ai luoghi che frequentate abitualmente ogni giorno e riflettete un attimo sul grado di fruibilità che ciascuno di essi vi offre. Non vi è mai successo di avere difficoltà ad accedere ad un luogo oppure a non poter usufruire appieno del servizio erogato all’interno di esso? Forse la vostra risposta a primo acchito sarà negativo, ma se vi facessi riflettere sulla cosa, di sicuro vi stupireste alla fine di dover rispondere di sì.
Siamo tutti disabili
In Italia, secondo la “Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia 2013” presentata alla fine dello scorso anno, risulta che 164.492 persone sono affette da celiachia. Tra di voi, che state leggendo, sono sicura che ci sarà qualche celiaco o qualcuno soggette a una qualsivoglia intolleranza. Allora mi rivolgo a queste persone: quanta difficoltà riscontrate quando mangiate fuori casa?
Passiamo ad un altro caso: l’obesità. Non mi riferisco a qualche chilo di troppo, ma a quelle persone che rientrano tra gli obesi, quelli in sovrappeso e in eccesso ponderale. Mi ricordo come anni fa era buffo sentire dire che in America, da sempre afflitta dal problema dell’obesità, le persone dovessero prenotare due posti in aereo perché uno non bastava. Quanti di voi, non arrivano a questa situazione, ma non ci sono nemmeno tanto lontani? Pensate per un attimo a raggiungere un 3° piano senza ascensore in questa condizione.
Come avrete notato siamo ben distanti dal concetto di disabilità come lo abbiamo sempre interpretato. Si tratta di situazioni sempre più comuni, in cui il soggetto si ritrova a dover superare un limite che l’ambiente gli pone davanti. Nel primo caso il limite risiede nel trattamento degli alimenti, nel secondo caso nella mancanza di un ascensore. In queste due condizioni potrebbero rientrarci davvero tutti.
Potrei andare avanti ad oltranza a fare esempi di questo tipo, per farvi capire quanto il concetto di “disabilità” sia più vasto di quello preso finora in considerazione. Ricordatevi poi che la disabilità può anche essere temporanea. Il caso più semplice è quello di una persona che si frattura un braccio o una gamba ed è costretta ad indossare il gesso per un periodo di tempo limitato. Un altro caso, a cui nessuno pensa, è la mamma con i bambini. Il passeggino incontra diversi ostacoli durante il suo cammino, generando così dei limiti alla fruizione di spazi e servizi.
Da turismo accessibile a turismo per tutti
Non ho mai trovato operatori del settore che al primo colpo capissero il termine “turismo accessibile”. Lo hanno sempre scambiato per “turismo sostenibile”. Questo dimostra quanto poco sia diffusa questa tematica, sebbene io abbia fatto un corso sull’argomento la bellezza di 9 anni fa. Non solo. I progetti di accessibilità turistica sono ormai diversi in Italia, partiti tutti dall’esempio di “Turismabile” della Regione Piemonte.
In realtà definire “accessibile” questo tipo di turismo, secondo me è di gran lunga riduttivo. Abbiamo visto in precedenza come “disabile” potrebbe essere chiunque, non soltanto chi si sposta con la sedia a ruote o chi soffre di cecità. Sarebbe bene usare, quindi, la definizione di “turismo per tutti”. A questo proposito io faccio sempre un esempio molto banale, ma efficace. Se vi trovate davanti all’ingresso di un edificio e potete scegliere tra salire le scale o accedere tramite una rampa, voi cosa scegliete? La risposta è semplice: la rampa. Ora pensiamo di essere un cliente che arriva in hotel con un trolley piuttosto pesante. Cosa scegliereste? Naturalmente la rampa che permette di trascinare la valigia senza tanto sforzo.
Capite bene allora il perché del “per tutti”. Agevolare chi presenta delle difficoltà, vuol dire offrire un servizio migliore nei confronti di tutti gli altri. Aprirsi a questo mercato significa inoltre avere un diverso approccio verso il cliente, che punta alla qualità e al continuo miglioramento.
Quando un turista disabile prenota la vacanza
Se pensate che le barriere siano solo di tipo architettonico, state commettendo un errore. Il potenziale cliente, prima di accedere alla vostra struttura, di solito cerca informazioni su questa come fanno tutti del resto. Fin qui nulla di diverso da tante altre tipologie di clienti. La lamentela più frequente per un turista disabile è la mancanza di informazioni. È questa la principale barriera che incontra nella fruizione di una vacanza.
L’accessibilità alle informazioni spesso e volentieri è particolarmente difficoltosa e l’attendibilità delle informazioni quasi inesistente. Tutto nasce da una ignoranza generale sulle disabilità e sulle esigenze che ne scaturiscono. Per fare un esempio che sia chiaro a tutti, prendiamo il caso di un disabile su sedia a ruote. A questa persona non basta dire che “la struttura è accessibile”, ma ha bisogno di conoscere tanti altri piccoli dettagli. È sufficiente pensare che le sedie a ruote sono di diverso tipo (manuale o elettrica) e di diversa larghezza. Capite bene, quindi, che dire che c’è una rampa non risolverà i mali del mondo e nemmeno quelli del vostro potenziale cliente.
Il mio consiglio per rendere una struttura veramente accessibile è partire dalla formazione. Conoscere il cliente a cui ci si sta rivolgendo è essenziale per rispondere alle sue esigenze. La formazione dovrà essere estesa a tutto il personale della struttura, in modo tale da far sentire il cliente veramente accolto. La seconda fase riguarderà la raccolta delle informazioni. Sappiate che chi presenta una disabilità, non pretende che la vostra struttura ricettiva sia senza barriere. Ciò che vorrebbe è conoscere con esattezza alcune informazioni necessarie al suo soggiorno. Infine ricordatevi di dedicare una sezione del vostro sito inserendovi tali informazioni, così da facilitare i vostri potenziali clienti nel processo decisionale.