La data di ieri sarà ricordata negli annali del turismo italiano perché per gli Hotel, ma ciò varrà anche per le altre strutture ricettive, si aprono finalmente nuovi spiragli di libertà nella commercializzazione e nei rapporti con le OTA, Booking[.]com in primis.
La Parity Rate sarà definitivamente nulla, abolita come pratica, non la potranno più imporre le OTA, e finalmente gli operatori del ricettivo potranno mostrare e fare politiche di prezzo in totale libertà, indipendentemente da quelle che sono le politiche di vendita e dei rapporti con le stesse OTA.
Partendo in primo luogo dai loro siti web. Quindi le prospettive che si intravedono sono molto incoraggianti verso la vendita e possibilità di avere tariffe differenziate [se le esigenze lo rendono opportuno] e non avere più il timore di incrinare i rapporti con i partner commerciali, le OTA, il cui ruolo viene così riportato alla normalità, cioè un canale di intermediazione senza imposizioni illiberali.
L'auspicio però è che tale libertà venga usata saggiamente dagli albergatori, il mercato è li che osserva, valuta e acquista, andare fuori mercato basta poco e per rendersi invendibili ci vuole un attimo. Chi faceva e fa un cattivo revenue, non potrà che peggiorare la sua situazione. Chi aveva e ha una cattiva presenza web non potrà che avere ulteriori rischi di espulsione dal mercato. Le OTA probabilmente hanno già la soluzione a questo cambiamento e faranno le loro strategie, qualcosa sicuramente si avrà anche da parte loro come reazione sul piano della commercializzazione degli hotel. Insomma ne vedremo di belle...
<blockquote>"<em>La Camera dei deputati, ieri, con un emendamento al ddl concorrenza, ha abolito la parity rate.</em>
<em> Il governo inizialmente si era opposto in commissione, ma poi il deputato del Pd Tiziano Arlotti ha portato il provvedimento in aula raccogliendo ampi consensi. A Montecitorio ieri sera è stato un plebiscito, praticamente tutti i gruppi, da destra a sinistra, si sono spesi per cancellare questa clausola (solo 4 contrari). «Lasciamo che sia il mercato e non piattaforme con base all’estero a decidere», spiega in aula Giovanni Paglia di Sel. «Poniamo fine a una lotta impari», aggiunge Gianluca Benamati del Pd. La Francia ha approvato due mesi fa un provvedimento simile, sotto il forte impulso delle grandi catene che controllano buona parte del mercato.</em>
<em>Cosa succede da domani? Per ora non ci saranno grandi novità, per aspettare di vedere offerte migliori sui singoli siti degli alberghi bisognerà aspettare l’approvazione del Senato. A quel punto la norma sulla parità tariffaria, contenuta nei contratti tra Booking e gli hotel, sarà nulla. I numeri spiegano l’importanza della partita: il mercato delle prenotazioni online (non solo alberghiere) vale circa quattro miliardi l’anno. Soltanto attraverso Booking[.]com in Italia si effettuano sette milioni di prentazione all’anno.</em>
<em>Il voto di ieri è accolto con grande soddisfazione da Federlaberghi: “Ringrazio la Camera - spiega, cinque minuti dopo il voto, il direttore generale di Federalberghi, Alessandro Nucara - abolendo l’obbligo di parity rate si avvantaggiano le imprese e i consumatori, ci sarà un mercato più libero ed efficiente”. Dopo mesi di polemiche Nucara manda messaggi distensivi a Booking: “Continueremo a lavorare insieme senza problemi. Non è detto che tutte le strutture usciranno dal meccanismo della parità, le piattaforme non si devono sentire insidiate. In questi giorni ci sono state minacce eccessive da parte loro, hanno parlato di sospendere gli investimenti e addirittura di lasciare l’Italia, non succederà nulla di tutto ciò. D’altronde - conclude Nucara - in Francia, dove è stato approvato un provvedimento simile, Booking continua a operare senza difficoltà”.</em>
<em>Il tema era stato già al centro di una sentenza dell’Autorità antitrust che, dopo aver sentito il parere della Commissione europea, aveva deciso che la parity rate restava in vigore per i siti, mentre l’albergatore poteva decidere di vendere le stanze a tariffe inferiori su altri canali online, al telefono, per mail o direttamente al cliente che si presenta alla reception, ovviamente senza pagare la commissione al venditore telematico. Una decisione che non era piaciuta a Federalberghi, che aveva fatto ricorso al Tar. Alcune strutture dei grandi gruppi avevano trovato un escamotage per aggirare la parity rate: far iscrivere i clienti a una sorta di programma fedeltà dal quale accedere a prezzi più bassi. Sotterfugi che da oggi, forse, non serviranno più". [La Stampa]</em>
</blockquote>
La Parity Rate sarà definitivamente nulla, abolita come pratica, non la potranno più imporre le OTA, e finalmente gli operatori del ricettivo potranno mostrare e fare politiche di prezzo in totale libertà, indipendentemente da quelle che sono le politiche di vendita e dei rapporti con le stesse OTA.
Partendo in primo luogo dai loro siti web. Quindi le prospettive che si intravedono sono molto incoraggianti verso la vendita e possibilità di avere tariffe differenziate [se le esigenze lo rendono opportuno] e non avere più il timore di incrinare i rapporti con i partner commerciali, le OTA, il cui ruolo viene così riportato alla normalità, cioè un canale di intermediazione senza imposizioni illiberali.
L'auspicio però è che tale libertà venga usata saggiamente dagli albergatori, il mercato è li che osserva, valuta e acquista, andare fuori mercato basta poco e per rendersi invendibili ci vuole un attimo. Chi faceva e fa un cattivo revenue, non potrà che peggiorare la sua situazione. Chi aveva e ha una cattiva presenza web non potrà che avere ulteriori rischi di espulsione dal mercato. Le OTA probabilmente hanno già la soluzione a questo cambiamento e faranno le loro strategie, qualcosa sicuramente si avrà anche da parte loro come reazione sul piano della commercializzazione degli hotel. Insomma ne vedremo di belle...
<blockquote>"<em>La Camera dei deputati, ieri, con un emendamento al ddl concorrenza, ha abolito la parity rate.</em>
<em> Il governo inizialmente si era opposto in commissione, ma poi il deputato del Pd Tiziano Arlotti ha portato il provvedimento in aula raccogliendo ampi consensi. A Montecitorio ieri sera è stato un plebiscito, praticamente tutti i gruppi, da destra a sinistra, si sono spesi per cancellare questa clausola (solo 4 contrari). «Lasciamo che sia il mercato e non piattaforme con base all’estero a decidere», spiega in aula Giovanni Paglia di Sel. «Poniamo fine a una lotta impari», aggiunge Gianluca Benamati del Pd. La Francia ha approvato due mesi fa un provvedimento simile, sotto il forte impulso delle grandi catene che controllano buona parte del mercato.</em>
<em>Cosa succede da domani? Per ora non ci saranno grandi novità, per aspettare di vedere offerte migliori sui singoli siti degli alberghi bisognerà aspettare l’approvazione del Senato. A quel punto la norma sulla parità tariffaria, contenuta nei contratti tra Booking e gli hotel, sarà nulla. I numeri spiegano l’importanza della partita: il mercato delle prenotazioni online (non solo alberghiere) vale circa quattro miliardi l’anno. Soltanto attraverso Booking[.]com in Italia si effettuano sette milioni di prentazione all’anno.</em>
<em>Il voto di ieri è accolto con grande soddisfazione da Federlaberghi: “Ringrazio la Camera - spiega, cinque minuti dopo il voto, il direttore generale di Federalberghi, Alessandro Nucara - abolendo l’obbligo di parity rate si avvantaggiano le imprese e i consumatori, ci sarà un mercato più libero ed efficiente”. Dopo mesi di polemiche Nucara manda messaggi distensivi a Booking: “Continueremo a lavorare insieme senza problemi. Non è detto che tutte le strutture usciranno dal meccanismo della parità, le piattaforme non si devono sentire insidiate. In questi giorni ci sono state minacce eccessive da parte loro, hanno parlato di sospendere gli investimenti e addirittura di lasciare l’Italia, non succederà nulla di tutto ciò. D’altronde - conclude Nucara - in Francia, dove è stato approvato un provvedimento simile, Booking continua a operare senza difficoltà”.</em>
<em>Il tema era stato già al centro di una sentenza dell’Autorità antitrust che, dopo aver sentito il parere della Commissione europea, aveva deciso che la parity rate restava in vigore per i siti, mentre l’albergatore poteva decidere di vendere le stanze a tariffe inferiori su altri canali online, al telefono, per mail o direttamente al cliente che si presenta alla reception, ovviamente senza pagare la commissione al venditore telematico. Una decisione che non era piaciuta a Federalberghi, che aveva fatto ricorso al Tar. Alcune strutture dei grandi gruppi avevano trovato un escamotage per aggirare la parity rate: far iscrivere i clienti a una sorta di programma fedeltà dal quale accedere a prezzi più bassi. Sotterfugi che da oggi, forse, non serviranno più". [La Stampa]</em>
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