Rob Art
Esperto
Ancora sull'ex casino Saffo, oggi Hotel De La Ville, Firenze
Lorenzo Sarra
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E così ecco«via delle Belle Donne», via Vergognosa (oggi via Borgognona), via delle Serve Smarrite (a causa delle contadine che arrivavano a Firenze in cerca di un futuro migliore, trovandosi invece costrette al lavoro nelle case chiuse della zona; oggi via del Parlascio o del Parlagio), via dell’Amorino (le cui storie pruriginose ispirarono La Mandragola di Machiavelli; qui attualmente un trilocale costa 300mila euro): un tempo tutte sedi di vecchi bordelli che in città – fino al 1958, anno della fatidica legge Merlin – arrivarono a venti unità tra centro e periferia.
Tra centro e periferia i bordelli arrivarono a 20 unità
Già, perché anche al di fuori delle mura esistevano case chiuse, come ad esempio la Rina di via Lungo l’Affrico, che diventò location di «movida orizzontale» per gli ufficiali militari del vicino campo d’addestramento. Le ragazze – secondo il metodo delle «quindicine» – avevano l’abitudine di spostarsi di casino in casino ogni due settimane, in modo da evitare che i clienti si affezionassero troppo. Il costo? Naturalmente dipendeva dall’appeal delle signore e dai tempi. La famosa Madame Saffo – maitresse dell’omonima casa chiusa di piazza Antinori bazzicata pure da Indro Montanelli; quasi un salotto per il suo lusso – riceveva al secondo piano dell’edificio ed era tra le più costose nelle prime decadi del XX secolo.
Nel merito, durante gli anni ’50, il prezzo per una cosiddetta «semplice» – una performance da dieci minuti – era di 500 lire per le proposte più economiche, mentre negli indirizzi «premium» come la prima citata maison fiorentina si arrivava a 1500 lire: un operaio, per rendere l’idea, ne guadagnava 30mila al mese. L’attività del lupanare di piazza Antinori, d’altronde, era riservata all’élite: negli anni ’30 Carlo Bo, Eugenio Montale e Carlo Emilio Gadda frequentavano assiduamente Madame Saffo («Era come stare al caffè», ebbero spesso a dire), intrattenendosi per mezzore decisamente «poco poetiche».
Anche Carlo Bo, Eugenio Montale e Carlo Emilio Gadda frequentavano le case chiuse di Firenze
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L'articolo completo qui
https://www.ilcartello.eu/on-the-road/society/durex-firenze-legge-merlin/
Lorenzo Sarra
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E così ecco«via delle Belle Donne», via Vergognosa (oggi via Borgognona), via delle Serve Smarrite (a causa delle contadine che arrivavano a Firenze in cerca di un futuro migliore, trovandosi invece costrette al lavoro nelle case chiuse della zona; oggi via del Parlascio o del Parlagio), via dell’Amorino (le cui storie pruriginose ispirarono La Mandragola di Machiavelli; qui attualmente un trilocale costa 300mila euro): un tempo tutte sedi di vecchi bordelli che in città – fino al 1958, anno della fatidica legge Merlin – arrivarono a venti unità tra centro e periferia.
Tra centro e periferia i bordelli arrivarono a 20 unità
Già, perché anche al di fuori delle mura esistevano case chiuse, come ad esempio la Rina di via Lungo l’Affrico, che diventò location di «movida orizzontale» per gli ufficiali militari del vicino campo d’addestramento. Le ragazze – secondo il metodo delle «quindicine» – avevano l’abitudine di spostarsi di casino in casino ogni due settimane, in modo da evitare che i clienti si affezionassero troppo. Il costo? Naturalmente dipendeva dall’appeal delle signore e dai tempi. La famosa Madame Saffo – maitresse dell’omonima casa chiusa di piazza Antinori bazzicata pure da Indro Montanelli; quasi un salotto per il suo lusso – riceveva al secondo piano dell’edificio ed era tra le più costose nelle prime decadi del XX secolo.
Nel merito, durante gli anni ’50, il prezzo per una cosiddetta «semplice» – una performance da dieci minuti – era di 500 lire per le proposte più economiche, mentre negli indirizzi «premium» come la prima citata maison fiorentina si arrivava a 1500 lire: un operaio, per rendere l’idea, ne guadagnava 30mila al mese. L’attività del lupanare di piazza Antinori, d’altronde, era riservata all’élite: negli anni ’30 Carlo Bo, Eugenio Montale e Carlo Emilio Gadda frequentavano assiduamente Madame Saffo («Era come stare al caffè», ebbero spesso a dire), intrattenendosi per mezzore decisamente «poco poetiche».
Anche Carlo Bo, Eugenio Montale e Carlo Emilio Gadda frequentavano le case chiuse di Firenze
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