Rob Art
Esperto
Coronavirus, perché la mafia vuole prendersi prende cura dei nostri affari
L'intervento pubblicato su The Guardian. Speculare sui bisogni è l'arte del profitto, e le mafie sono la massima espressione di quest'arte. La pandemia da Covid-19 lo sta confermando. Ma è nella ripresa che le vedremo ancora più attive
di ROBERTO SAVIANO
26 aprile 2020
Le epidemie rappresentano una grande occasione per molti affari: la velocità nel creare gare d'appalto, lo stanziamento di fondi straordinari, la possibilità di movimentare merci e denaro senza la normale pressione dei controlli di polizia sono manna per la classe imprenditoriale. Speculare sui bisogni è l’arte del profitto, e le mafie sono la massima espressione di quest’arte. La pandemia da Covid-19 lo sta confermando. Con il solito fiuto per gli affari che le caratterizza, negli ultimi decenni le mafie hanno investito in imprese multiservizi (mense, pulizie, disinfezione), lavanderie industriali, trasporti, pompe funebri, raccolta dei rifiuti, distribuzione di generi alimentari, settore sanitario. Tutti ambiti che sono divenuti fondamentali nelle ultime settimane e lo rimarranno probabilmente ancora a lungo. La Polizia italiana ha già lanciato l’allarme sull’interesse dei clan ad investire nella produzione e distribuzione del cosiddetto “kit da epidemia”, composto da mascherine, gel igienizzante e guanti di lattice, prodotti oggi quasi introvabili e la cui massiccia richiesta (che sicuramente è destinata a permanere nei prossimi mesi) ha fatto salire i prezzi alle stelle ovunque. Per la 'ndrangheta non sarebbe un business totalmente nuovo, dato che da anni è entrata con i suoi capitali nel settore delle farmacie e parafarmacie, come diverse inchieste dell’Antimafia italiana hanno dimostrato.
Nel marzo 2016 un’inchiesta della Dda di Milano rivelò gli interessi della mafia calabrese sul mercato farmaceutico lombardo e la nuova abitudine di far laureare i figli degli affiliati in Farmacia o Medicina per poi piazzarli nelle strutture sanitarie e avere così degli interlocutori affidabili.
Ma gli affari non sono l’unico beneficio che le epidemie portano alle organizzazioni criminali: l’altro, per certi versi ancora più redditizio, è il silenzio. Nel momento in cui tutta l’attenzione è monopolizzata dall’epidemia, i clan possono agire indisturbati. Lo spazio (già esiguo) che occupavano nelle cronache sparisce, perché il nemico n° 1 su cui impegnare tutti gli sforzi è il virus.
Nel mese di febbraio in Messico sono state uccise in media 98 persone al giorno, in marzo il numero è salito a 99 al giorno, quasi tutte vittime dei cartelli del narcotraffico; all’inizio di questo mese, 19 persone sono state uccise in una sparatoria tra narcos a Madera, stato di Chihuahua. Eppure, queste notizie non sono arrivate sui nostri giornali, non sono state oggetto di discussione politica internazionale, perché anche la morte in tempi di pandemia è solo quella data dal virus.
Inoltre, con gran parte delle forze dell’ordine impegnata sul fronte del contrasto al Covid-19, il controllo in mare e nei porti si è abbassato, lasciando ampi spazi liberi alla circolazione delle droghe e favorendo quindi cartelli e clan sulla vendita di droga all’ingrosso. Al dettaglio si è registrata una impennata di vendite a livello internazionale poco prima del lockdown: spaventati dall’idea di dover rimanere chiusi in casa per settimane, i clienti hanno fatto scorte di droga esattamente come hanno fatto con il cibo. Prova ne sono le file davanti ai coffee shop di Amsterdam e l’aumento esponenziale delle richieste di marijuana ai pusher di New York nelle ore in cui le misure restrittive erano state annunciate.
In Italia, i clan, che hanno perso le tradizionali piazze di spaccio davanti alle scuole e nei parchi chiusi per via del lockdown, hanno dovuto ripiegare sulla consegna a domicilio su richiesta, adottando il metodo che nei Paesi anglosassoni è conosciuto come Dial-a-Dealer. Ma c’è un altro porta-a-porta che le mafie italiane – e in particolare la camorra – stanno mettendo in atto: quello per la spesa quotidiana. Nei quartieri più disagiati di Napoli, dove la gente è rimasta senza lavoro (spesso in nero), sono i clan che stanno provvedendo al welfare: non solo vengono in soccorso alle famiglie con pane, latte e beni primari, ma secondo fonti investigative hanno anche cominciato a fornire prestiti a usura senza applicare i soliti interessi “a strozzo” del
50%-70%, bensì interessi più ragionevoli, anche più convenienti di quelli che una banca applicherebbe. Del resto, la richiesta di prestiti è così alta in questo periodo di crisi che si guadagna comunque anche abbassando i tassi. Le organizzazioni fanno leva sulla fame: se hai fame, cerchi pane, non ti importa da quale forno abbia origine.
Provvedendo alla spesa quotidiana delle famiglie bisognose, i clan stanno investendo sul consenso: i disperati che oggi ricevono da loro un aiuto, sapranno – o meglio, dovranno – essere riconoscenti quando tutto ripartirà e i clan avranno bisogno di manodopera per i loro affari illeciti. La stessa strategia è stata messa in atto dai cartelli messicani: a Matamoros, in Tamaulipas, nei giorni scorsi il Cartello del Golfo ha consegnato pacchi contenenti beni di prima necessità a persone anziane e bisognose; negli stati di Jalisco e San Luis Potosí pacchi simili a questi sono distribuiti dal Cartello di Jalisco Nueva Generación, mentre a Guadalajara, regno del Cartello di Sinaloa, gli scatoloni portavano l’effigie del “Chapo” Guzmán, il boss ora rinchiuso in una cella degli Stati Uniti ma che continua a far sentire la sua presenza anche attraverso gesti come questo realizzati dalla sua famiglia.
Ma è nella ripresa che vedremo le mafie ancora più attive. Le imprese che usciranno piegate dell’emergenza Coronavirus potranno aver bisogno di un’iniezione di capitali per riprendere le loro attività, dalla ristorazione, al commercio, al ciclo del cemento, al turismo. Tutti settori in cui le mafie italiane sono già ben inserite, non solo in Italia, ma anche all’estero. Per ogni imprenditore sano che sta rischiando di chiudere il proprio ristorante o il proprio negozio, c’è un clan che è pronto a intervenire per rilevare l’attività o entrare in società con denaro contante in cambio di quote. L’enorme disponibilità di liquidi sporchi di cui dispongono è il loro lasciapassare nell’economia pulita. Per questo se gli Stati non agiscono sin d’ora sulle aziende in crisi, se attenderanno una fase di minore allarme, sarà troppo tardi: dove il Covid-19 non arriverà, arriveranno le mafie. Di questo l’Europa deve tenere conto nella discussione sui Coronabond e altri tipi di interventi finanziari.
La questione è cruciale per la risposta del Nord Europa – in particolare di Germania e Olanda – alla crisi economica che investirà Paesi come Italia e Spagna quando la pandemia da Covid-19 sarà passata. Molti credono che dare soldi all’Italia significherà ingrassare le sue mafie – come erroneamente sostenuto dal quotidiano tedesco Die Welt poche settimane fa – ma è esattamente il contrario: meno sostegno economico verrà dato ai Paesi in difficoltà per via della pandemia, più le mafie ne approfitteranno. Le mafie hanno già una pioggia di soldi, non è certo la liquidità il loro problema. Lo sanno bene molti centri finanziari come la City di Londra, il Lussemburgo, l’Olanda, la Svizzera, il Lichtenstein, Andorra, solo per citarne alcuni: in questi paradisi fiscali nel cuore dell’Europa - in cui, tra l’altro, finiscono costantemente i soldi sottratti al Fisco di altri Paesi europei – sono depositate le risorse mafiose pronte per essere spese in uno dei modi sopraelencati e non solo.
Le mafie non sono solo un problema italiano o dell’Est Europa, al contrario sono il motore vincente dell’Europa: come intervennero per salvare le banche a corto di liquidità durante la crisi finanziaria del 2008 (secondo quanto rivelato dall’UNODC), così nella crisi generata dalla pandemia c’è il rischio che siano loro a salvare le aziende europee.
Oggi siamo in emergenza, l’imperativo è sopravvivere. In contemporanea con questa epidemia, si stanno muovendo interessi criminali: conoscerli è parte della sopravvivenza.
https://www.repubblica.it/cronaca/2...527/?ref=RHPPTP-BH-I254947611-C12-P3-S1.12-T1
L'intervento pubblicato su The Guardian. Speculare sui bisogni è l'arte del profitto, e le mafie sono la massima espressione di quest'arte. La pandemia da Covid-19 lo sta confermando. Ma è nella ripresa che le vedremo ancora più attive
di ROBERTO SAVIANO
26 aprile 2020
Le epidemie rappresentano una grande occasione per molti affari: la velocità nel creare gare d'appalto, lo stanziamento di fondi straordinari, la possibilità di movimentare merci e denaro senza la normale pressione dei controlli di polizia sono manna per la classe imprenditoriale. Speculare sui bisogni è l’arte del profitto, e le mafie sono la massima espressione di quest’arte. La pandemia da Covid-19 lo sta confermando. Con il solito fiuto per gli affari che le caratterizza, negli ultimi decenni le mafie hanno investito in imprese multiservizi (mense, pulizie, disinfezione), lavanderie industriali, trasporti, pompe funebri, raccolta dei rifiuti, distribuzione di generi alimentari, settore sanitario. Tutti ambiti che sono divenuti fondamentali nelle ultime settimane e lo rimarranno probabilmente ancora a lungo. La Polizia italiana ha già lanciato l’allarme sull’interesse dei clan ad investire nella produzione e distribuzione del cosiddetto “kit da epidemia”, composto da mascherine, gel igienizzante e guanti di lattice, prodotti oggi quasi introvabili e la cui massiccia richiesta (che sicuramente è destinata a permanere nei prossimi mesi) ha fatto salire i prezzi alle stelle ovunque. Per la 'ndrangheta non sarebbe un business totalmente nuovo, dato che da anni è entrata con i suoi capitali nel settore delle farmacie e parafarmacie, come diverse inchieste dell’Antimafia italiana hanno dimostrato.
Nel marzo 2016 un’inchiesta della Dda di Milano rivelò gli interessi della mafia calabrese sul mercato farmaceutico lombardo e la nuova abitudine di far laureare i figli degli affiliati in Farmacia o Medicina per poi piazzarli nelle strutture sanitarie e avere così degli interlocutori affidabili.
Ma gli affari non sono l’unico beneficio che le epidemie portano alle organizzazioni criminali: l’altro, per certi versi ancora più redditizio, è il silenzio. Nel momento in cui tutta l’attenzione è monopolizzata dall’epidemia, i clan possono agire indisturbati. Lo spazio (già esiguo) che occupavano nelle cronache sparisce, perché il nemico n° 1 su cui impegnare tutti gli sforzi è il virus.
Nel mese di febbraio in Messico sono state uccise in media 98 persone al giorno, in marzo il numero è salito a 99 al giorno, quasi tutte vittime dei cartelli del narcotraffico; all’inizio di questo mese, 19 persone sono state uccise in una sparatoria tra narcos a Madera, stato di Chihuahua. Eppure, queste notizie non sono arrivate sui nostri giornali, non sono state oggetto di discussione politica internazionale, perché anche la morte in tempi di pandemia è solo quella data dal virus.
Inoltre, con gran parte delle forze dell’ordine impegnata sul fronte del contrasto al Covid-19, il controllo in mare e nei porti si è abbassato, lasciando ampi spazi liberi alla circolazione delle droghe e favorendo quindi cartelli e clan sulla vendita di droga all’ingrosso. Al dettaglio si è registrata una impennata di vendite a livello internazionale poco prima del lockdown: spaventati dall’idea di dover rimanere chiusi in casa per settimane, i clienti hanno fatto scorte di droga esattamente come hanno fatto con il cibo. Prova ne sono le file davanti ai coffee shop di Amsterdam e l’aumento esponenziale delle richieste di marijuana ai pusher di New York nelle ore in cui le misure restrittive erano state annunciate.
In Italia, i clan, che hanno perso le tradizionali piazze di spaccio davanti alle scuole e nei parchi chiusi per via del lockdown, hanno dovuto ripiegare sulla consegna a domicilio su richiesta, adottando il metodo che nei Paesi anglosassoni è conosciuto come Dial-a-Dealer. Ma c’è un altro porta-a-porta che le mafie italiane – e in particolare la camorra – stanno mettendo in atto: quello per la spesa quotidiana. Nei quartieri più disagiati di Napoli, dove la gente è rimasta senza lavoro (spesso in nero), sono i clan che stanno provvedendo al welfare: non solo vengono in soccorso alle famiglie con pane, latte e beni primari, ma secondo fonti investigative hanno anche cominciato a fornire prestiti a usura senza applicare i soliti interessi “a strozzo” del
50%-70%, bensì interessi più ragionevoli, anche più convenienti di quelli che una banca applicherebbe. Del resto, la richiesta di prestiti è così alta in questo periodo di crisi che si guadagna comunque anche abbassando i tassi. Le organizzazioni fanno leva sulla fame: se hai fame, cerchi pane, non ti importa da quale forno abbia origine.
Provvedendo alla spesa quotidiana delle famiglie bisognose, i clan stanno investendo sul consenso: i disperati che oggi ricevono da loro un aiuto, sapranno – o meglio, dovranno – essere riconoscenti quando tutto ripartirà e i clan avranno bisogno di manodopera per i loro affari illeciti. La stessa strategia è stata messa in atto dai cartelli messicani: a Matamoros, in Tamaulipas, nei giorni scorsi il Cartello del Golfo ha consegnato pacchi contenenti beni di prima necessità a persone anziane e bisognose; negli stati di Jalisco e San Luis Potosí pacchi simili a questi sono distribuiti dal Cartello di Jalisco Nueva Generación, mentre a Guadalajara, regno del Cartello di Sinaloa, gli scatoloni portavano l’effigie del “Chapo” Guzmán, il boss ora rinchiuso in una cella degli Stati Uniti ma che continua a far sentire la sua presenza anche attraverso gesti come questo realizzati dalla sua famiglia.
Ma è nella ripresa che vedremo le mafie ancora più attive. Le imprese che usciranno piegate dell’emergenza Coronavirus potranno aver bisogno di un’iniezione di capitali per riprendere le loro attività, dalla ristorazione, al commercio, al ciclo del cemento, al turismo. Tutti settori in cui le mafie italiane sono già ben inserite, non solo in Italia, ma anche all’estero. Per ogni imprenditore sano che sta rischiando di chiudere il proprio ristorante o il proprio negozio, c’è un clan che è pronto a intervenire per rilevare l’attività o entrare in società con denaro contante in cambio di quote. L’enorme disponibilità di liquidi sporchi di cui dispongono è il loro lasciapassare nell’economia pulita. Per questo se gli Stati non agiscono sin d’ora sulle aziende in crisi, se attenderanno una fase di minore allarme, sarà troppo tardi: dove il Covid-19 non arriverà, arriveranno le mafie. Di questo l’Europa deve tenere conto nella discussione sui Coronabond e altri tipi di interventi finanziari.
La questione è cruciale per la risposta del Nord Europa – in particolare di Germania e Olanda – alla crisi economica che investirà Paesi come Italia e Spagna quando la pandemia da Covid-19 sarà passata. Molti credono che dare soldi all’Italia significherà ingrassare le sue mafie – come erroneamente sostenuto dal quotidiano tedesco Die Welt poche settimane fa – ma è esattamente il contrario: meno sostegno economico verrà dato ai Paesi in difficoltà per via della pandemia, più le mafie ne approfitteranno. Le mafie hanno già una pioggia di soldi, non è certo la liquidità il loro problema. Lo sanno bene molti centri finanziari come la City di Londra, il Lussemburgo, l’Olanda, la Svizzera, il Lichtenstein, Andorra, solo per citarne alcuni: in questi paradisi fiscali nel cuore dell’Europa - in cui, tra l’altro, finiscono costantemente i soldi sottratti al Fisco di altri Paesi europei – sono depositate le risorse mafiose pronte per essere spese in uno dei modi sopraelencati e non solo.
Le mafie non sono solo un problema italiano o dell’Est Europa, al contrario sono il motore vincente dell’Europa: come intervennero per salvare le banche a corto di liquidità durante la crisi finanziaria del 2008 (secondo quanto rivelato dall’UNODC), così nella crisi generata dalla pandemia c’è il rischio che siano loro a salvare le aziende europee.
Oggi siamo in emergenza, l’imperativo è sopravvivere. In contemporanea con questa epidemia, si stanno muovendo interessi criminali: conoscerli è parte della sopravvivenza.
https://www.repubblica.it/cronaca/2...527/?ref=RHPPTP-BH-I254947611-C12-P3-S1.12-T1