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Le vie del vino

Fu in quel preciso istante che il peduncolo di ridotte dimensioni approdò sulla tavola senza che io e @liside potessimo dire: che ci fai tu così Picolit tra noi!, e fummo costretti a tenercelo vicino.

Una sparuta bottiglietta da 500 cl proveniente da un minuscolo terreno goriziano spesso ricolmo d’uva tardiva vieppiù soggetta ad aborto floreale, ahinoi, fu gaiamente accolta in tavola.

Poi Veronelli prese a parlare affermando che dopo la Seconda Guerra Mondiale una contessa di nome Giuseppina salvò il vitigno ri-portandolo in vita.

Picolit.jpg
 
Come un maestro shodo, Lo Psillo ci incanta con pochi tratti.
Partiamo dalla terra dove vivo, e andiamo alla Rufina, precisamente alla Villa Poggio Reale.
Qui ha sede il Museo della vite e del vino.
Da qui partiva, e parte ancora, il "Carro Matto", costruito dai vignaioli della Val di Sieve, che veniva trainato da buoi di razza chianina e che trasportava 1500 fiaschi di vino fino al centro storico di Firenze, dove veniva benedetto sul sagrato del Duomo e poi dato in dono alla comunità fiorentina al Palazzo Vecchio.
Si narra che nel seicento, a causa della pestilenza, molti nobili si rifugiarono alla Villa, dove condussero vita licenziosa.
Il Diavolo, sotto mentite spoglie, prese parte ai festini in incognito fino a quando, durante una partita a carte, un giocatore raccattò a terra una di queste, cadutale dalle mani e, chinandosi sotto il tavolo, vide le zampe di gallo del Diavolo stesso. Scoperto, il Diavolo si dissolse in una puzzolente nube sulfurea, lasciando sul pavimento la sua impronta, ancora adesso visibile.
 
Sempre munifico di complimenti il Liside che ora tiene il Diavolo per le corna.

Quel diabolico essere con le zampe da gallo potrebbe far parte dell'alcolica combriccola nella tela Barocca del Sileno Ebbro presente a Capodimonte (Napoli), opera di J. de Ribera.

Tra Pan, un satiro e via discorrendo potrebbe starci bene anche una Coda Di Volpe del Sannio - Tenuta Oppida Aminea.

Sileno Ribera.jpg
 
Tanto per cominciare, leggetevi questo invito:

https://mailchi.mp/ceb20c762955/convegno-prosecco-unesco-save-the-date-12063781?e=f5c98651aa

Io e Lo Psillo presenzieremo dalle 09:00 alle 09:50 e dalle 12:40 in poi...:p:D

Alcuni giorni fa il sincero @liside generava un post sul prosecco; stamane lo fece per una fiorentina maratona. Per rispondergli, mi stupi(de)rò.

Dal momento che la crasi, per chi studia ogni genere di lingua, lascia ampi spazi di miscelazione, mi voglio catapultare nel promuovere un evento in programma il primo giorno del prossimo mese!

https://www.prosecco.run/prosecchina/regolamento-prosecchina/

corri, corri, fortissimamente corri

1574512641503.png
 
Fino al XVII secolo lo Champagne veniva tacciato come il "vino del Diavolo".
Fatto gli è che i vignaioli francesi di allora, essendo senza bollicine, lo versavano nei contenitori prima della seconda fermentazione, che conferiva il definitivo effetto di effervescenza.
Lo champagne, che ricordiamo essere ottenuto da uve chardonnay, pinot munire e pinot nero, durante la seconda fermentazione che avveniva nelle bottiglie, letteralmente le faceva esplodere, spesso nelle mani dei bevitori, nelle cantine e nei negozi dove veniva venduto.
Questo fenomeno, per quei tempi bizzarro, gli valse il nome di "vino del Diavolo" fino a quando, nel XVII secolo appunto, un monaco illuminato, Dom Perignon, capì tutta la faccenda e risolse il machiavello.
Fu lui ad inventare il tappo di sughero.
 
da uno stralcio autobiografico di Jack London del 1913​

«Ricordo che, subito dopo la pubblicazione del mio primo libro, fui invitato al Bohemian Club di San Francisco. Ci sedemmo su comode poltrone di pelle e ordinammo da bere. Non avevo mai udito un simile elenco di nomi di liquori e di cocktail a base di scotch. Conoscevo solamente le bevande dei poveri, delle città di marinai e di frontiera: birra scadente e whisky ancora più scadente. Nell’imbarazzo della scelta ordinai un bicchiere di vino rosso, il che fece quasi svenire il cameriere: vino rosso dopo cena!».

e che ne pensate di questo Cannonau?

https://www.sellaemosca.com/public/181018-104427-dimonios.pdf
 
Nel 1811 una cometa (con tanto di codice alfa-numerico C/1811 F1) stazionò per circa 260 giorni sui cieli di gran parte d’Europa, tanto che persino Tolstoj in Guerra e Pace volle rimarcarne la straordinaria presenza. Pare che i più superstiziosi in Russia accolsero come malaugurio la sua comparsa: l’anno successivo Napoleone invase la Russia, vabbè.

Ma alla Cometa più grande del secolo XIX venne assegnato anche un curioso epiteto, la Cometa dei Vini. Fu in un castello scozzese che venne ritrovata una maxi-bottiglia di Lafitte 1811, completa di “N” napoleonica.
Anche il primo champagne moderno, poiché privo di sedimenti, ebbe i natali proprio con la vendemmia del 1811 nelle cantine Veuve Cliquot.

Nel 1811 vennero prodotte circa 3.000 bottiglie di Chateau d'Yquem destinate a un cliente russo.
Oggi di questa partita restano in circolazione non più di dieci bottiglie, una di queste fu battuta nell'estate del 2011 per 81.500 €, fissando così il nuovo record mondiale di prezzo.
Se l'aggiudicò il collezionista e ristoratore Christian Vanneque, acquistandola a Londra da The Antique Wine Company dell'hotel Ritz.

PROSIT
Yquiem.gif
 

Premetto che il Prosecco mi rimane un UFO enologico, ma il buon @liside sa che si può farne a meno, soprattutto se i distributori della bevanda somigliano a quelli della raccolta vestiari in buono stato.

Aggiungo che nell'articolo riportato alberga un errore gravissimo (evidenziato persino in grassetto): GLOUCESTER si scrive senza l'h (porca Majella tutta in fiore)...
 
Premetto che il Prosecco mi rimane un UFO enologico, ma il buon @liside sa che si può farne a meno, soprattutto se i distributori della bevanda somigliano a quelli della raccolta vestiari in buono stato.

Aggiungo che nell'articolo riportato alberga un errore gravissimo (evidenziato persino in grassetto): GLOUCESTER si scrive senza l'h (porca Majella tutta in fiore)...

Eheheh.....
 
Diciamo subito, ex abrupto, che la via più piacevole del vino è quella che noi gli facciamo percorrere dalla bottiglia al gargarozzo.
E' anche il tragitto più corto, ma non per questo privo di insidie ed incidenti.
Degustare un sorso di vino non è solo rincorrere piaceri epicurei e sensoriali fini a se stessi, ma un viaggio vero e proprio che abbraccia ritualità antiche ricche di simbolismi (basti pensare alla messa cattolica) e miti e culture ataviche che si perpetuano tuttoggi.
Per questo la cerimonialità è centrale, e ben fanno i sommelliers o, semplicemente, i cultori a sottolinearla.
Fondamentale quindi è la tappa che il vino compie tra l'apertura della bottiglia al bicchiere (o dal decanter se si tratta di un rosso).
Già, che tipo di bicchiere?
Chiariamo subito; tutti i vini vanno versati nei calici: inorridite se in qualche ristorante (mi è capitato personalmente) vi versano il vino in un tumbler basso, lo stelo è di rigore.
Per esempio, è più facile che il famoso cammello passi per la cruna di un ago che Lo Psillo brandisca un Collins pieno di Brunello.
Vini rossi stagionati:
Il balloon è quello adatto. Consente al vino di respirare su un'ampia superficie e allo stesso tempo, restringendosi al bordo, incanalarne le fragranze verso l'organo olfattivo.
Vini bianchi:
- i flute per quelli frizzanti, snelli e allungati per permettere al perlage di esibirsi in tutta libertà e conservare più a lungo la temperatura giusta
- i tulipano o sauvignon per i bianchi più corposi per meglio apprezzarne il bouquet
- il classico renano che va bene sia per i bianchi, sia per i rossi e per i rosè.
Correggetemi se ho commesso errori.
 
Diciamo subito, ex abrupto, che la via più piacevole del vino è quella che noi gli facciamo percorrere dalla bottiglia al gargarozzo.
E' anche il tragitto più corto, ma non per questo privo di insidie ed incidenti.
Degustare un sorso di vino non è solo rincorrere piaceri epicurei e sensoriali fini a se stessi, ma un viaggio vero e proprio che abbraccia ritualità antiche ricche di simbolismi (basti pensare alla messa cattolica) e miti e culture ataviche che si perpetuano tuttoggi.
Per questo la cerimonialità è centrale, e ben fanno i sommelliers o, semplicemente, i cultori a sottolinearla.
Fondamentale quindi è la tappa che il vino compie tra l'apertura della bottiglia al bicchiere (o dal decanter se si tratta di un rosso).
Già, che tipo di bicchiere?
Chiariamo subito; tutti i vini vanno versati nei calici: inorridite se in qualche ristorante (mi è capitato personalmente) vi versano il vino in un tumbler basso, lo stelo è di rigore.
Per esempio, è più facile che il famoso cammello passi per la cruna di un ago che Lo Psillo brandisca un Collins pieno di Brunello.
Vini rossi stagionati:
Il balloon è quello adatto. Consente al vino di respirare su un'ampia superficie e allo stesso tempo, restringendosi al bordo, incanalarne le fragranze verso l'organo olfattivo.
Vini bianchi:
- i flute per quelli frizzanti, snelli e allungati per permettere al perlage di esibirsi in tutta libertà e conservare più a lungo la temperatura giusta
- i tulipano o sauvignon per i bianchi più corposi per meglio apprezzarne il bouquet
- il classico renano che va bene sia per i bianchi, sia per i rossi e per i rosè.
Correggetemi se ho commesso errori.
"Diciamo subito, ex abrupto, che la via più piacevole del vino è quella che noi gli facciamo percorrere dalla bottiglia al gargarozzo". Poesia pura... sono mancato un po', ma torno e trovo perle di autentica saggezza :D mi chiedo: ma il vino aiuta a sconfiggere il coronavirus?
 
"Diciamo subito, ex abrupto, che la via più piacevole del vino è quella che noi gli facciamo percorrere dalla bottiglia al gargarozzo". Poesia pura... sono mancato un po', ma torno e trovo perle di autentica saggezza :D mi chiedo: ma il vino aiuta a sconfiggere il coronavirus?

Bentornato Martino, ci sei mancato!
 

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